La pietra di Palermo, 700 anni di storia dall'Antico Egitto

sogni Nel Museo Archeologico A. Salinas di Palermo dal 1877 è conservato il più grande frammento di una preziosa stele in diorite nera. Questa stele, nota come “Stele di Palermo” è purtroppo stata ritrovata divisa in sette parti più piccole oggi conservate al Museo del Cairo e nel Museo Petrie di Londra.

Pietra di Palermo
Pietra di Palermo
Questo famoso reperto egizio è stato donato al museo di Palermo dal collezionista d'opere d’arte Ferdinando Gaudiano. Alcuni sostengono la stele sia stata acquistata sul mercato antiquario, altri ritengono che Ferdinando Gaudiano l'abbia ereditata dal padre. Comunque sia l'importanza della Stele di Palermo sta esclusivamente nel suo contenuto che permette – in parte – di ricostruire la successione dei sovrani dell'antico Egitto.

La stele è costituita da una lastra in diorite larga circa 30 cm e alta 40cm ma gli egittologi credono che in origine fosse alta 60 cm e lunga 2 metri e fosse collocata in un tempio forse ad Eliopoli.

La stele o pietra di Palermo contiene indicazioni storiche relative ai primi 700 anni di vita egiziana riportando una iscrizione geroglifica opistografa ovvero la lastra è stata incisa su entrambi i lati , questi scritti indicano in modo preciso la cronologia delle prime cinque dinastie egiziane.

Dall’analisi della stele gli egittologi hanno individuato i nomi di 15 faraoni predinastici, a partire da Menes fino a Neferirkara il terzo re della V dinastia, sulla lastra sono registrati gli anni di regno di ogni faraone, i nomi di alcune delle loro mogli e madri, la data delle piene del fiume Nilo, i dettagli dei traffici commerciali, delle attività agricole e dell’allevamento di bestiame il tutto fa infatti pensare che questo documento di pietra contenesse gli annali delle prime dinastie reali egiziane.

Il testo riporta informazioni cronologiche, come se fosse un calendario, sulle principali celebrazioni religiose, inaugurazione di templi, costruzione di monumenti o dettagli su alcune scontri militari.

Anche Snefru è ricordato nella pietra di Palermo dove vengono descritte le campagne militari che intraprese in Nubia e Libia, nel “calendario” viene annotato il numero degli schiavi catturati durante queste battaglie .

Nella pietra si indicano 7000 persone fatte prigioniere durante queste guerre, vengono registrati anche 200.000 i capi di bestiame , 80.000 misure di mirra e 20.000 misure di unguenti che furono importate dalla terra di Punt (attuale Somalia), 6000 unità di electrum (lega metallica formata da oro argento e rame), grandi quantità di legname soprattutto di legno di cedro e pino che venivano importati della città fenicia di Biblo (lungo le coste del Libano), a tal proposito nella stele viene descritto come Snefru fece costruire 60 navi lunghe 50 metri per trasportare questi enormi carichi di legname.

Sulla Stele (o Pietra) di Palermo Alan Gardiner scrive:

Il frammento principale di questo importantissimo documento è cosi chiamato dalla città siciliana che lo ospita attualmente, ed è un pezzo di diorite dall'aspetto insignificante che non misura più di 43 centimetri d'altezza per 30,5 di larghezza.

La Pietra di Palermo
La Pietra di Palermo
Si tratta solo di un frammento; altri appartenenti al medesimo documento o a una copia perfettamente identica per dimensioni e disposizione furono recuperati più tardi e per la maggior parte si trovano ora al museo del Cairo. Allo scopo di renderne più comprensibile la descrizione mostriamo il recto della Pietra di Palermo. Il testo continuava sul verso e dobbiamo immaginare l'intero monumento come una stele rettangolare eretta in un tempio in modo da esser visibile dai due lati. Essi erano divisi in registri o fasce orizzontali a loro volta suddivise verticalmente in scomparti, ciascuno contenente un'iscrizione in caratteri geroglifici. La fascia superiore del recto conteneva un semplice elenco di nomi di sovrani predinastici dei quali è da presumere si ignorassero le imprese e la durata del regno. In tutti gli altri registri ogni scomparto era separato da quello alla sua sinistra non da una semplice linea verticale, ma dal segno geroglifico (simile a una f ma in questo caso rovesciata visto che il documento è scritto da destra a sinistra come si puo facilmente vedere dall'orientamento dei geroglifici) che significa «anno». Tra fila e fila una banda orizzontale reca sempre il nome del re cui si riferiscono gli scomparti inferiori, di solito accompagnato dal nome della madre; e sotto ogni scomparto è indicato il livello raggiunto dalla piena del Nilo in quel dato anno. È evidente che il documento completo costituiva un registro annuale e continuativo di tutti i re nominati sulle due facce, dei quali il primo (nel registro numero 2) sarà certo stato Menes, mentre l'ultimo, nella fila di fondo del verso, era forse Niuserre, sesto re della V dinastia, sebbene l'ultimo nome rimasto sulla pietra sia quello del terzo, Neferirkare. I geroglifici all'interno degli scomparti citano sempre uno o più fatti salienti di quel dato anno, qualcosa che serva a caratterizzarlo e a facilitarne il ricordo. Si Osserverà che, mentre dalla seconda alla quinta fila del recto ogni scomparto contiene una sola fitta colonna di scrittura, nella sesta gli scomparti sono abbastanza larghi da ospitare tre o quattro colonne. Nel verso le dimensioni degli scomparti aumentano ancora, cosicché gli avvenimenti registrati sono anche più numerosi. Questo fatto si può spiegare in due modi: o gli avvenimenti dei secoli più remoti erano ormai caduti nell'oblio, o erano ritenuti di poca importanza a confronto delle segnalate e fortunate vicende dei tempi più recenti. Comunque è evidente che se avessimo avuto la fortuna di venire in possesso di tutta la cronaca intatta, avremmo appreso tutto ciò che i faraoni della V dinastia avevano ritenuto degno di tramandare ai posteri. Il loro interesse si accentrava sulle festività religiose, sull'erezione di statue agli dèi, sulle eventuali vittorie sopra le tribù straniere, sulle spedizioni per la ricerca di minerali, sulla costruzione di templi e palazzi. A noi qui importa solo il valore cronologico del documento. E si comprende facilmente di quale importanza sarebbe stato per lo storico, se la stele ci fosse giunta completa.

Posto che le informazioni dell'antico cronista fossero esatte, ci sarebbe stato possibile accertare la reale sequenza dei sovrani da Menes a Niuserre, la precisa durata di ciascun regno, e soprattutto, sommando le cifre dei vari scomparti, un semplice calcolo ci avrebbe dato il numero totale degli anni compresi nelle prime cinque dinastie. Anche nel suo attuale stato frammentario, la Pietra può essere fino a un certo punto utilizzata a scopi cronologici, come vedremo in seguito; ma essa abbraccia solo una piccola parte della storia, come pure il Canone di Torino che non giunge neppure al grande periodo dei Tuthmosidi. Da questo punto in avanti ci troveremmo di fronte a una difficoltà insormontabile per stabilire un'esatta cronologia se non potessimo ricorrere a un metodo di computo totalmente diverso di cui daremo qualche cenno. Pensandoci bene è singolare che a venirci in aiuto sia stata un'altra manchevolezza non imputabile, questa volta, al cattivo stato del materiale storico a nostra disposizione, bensì a un difetto dell'antico calendario egizio.....

Articolo a cura di Silvia B.