Arsinoe II, la regina divinizzata

Nel 342 a.C. i persiani invasero l’Egitto per la seconda volta, mettendo definitivamente fine all’indipendenza politica delle Due Terre (così gli antichi egizi denominavano la loro terra ndr) e bisognerà aspettare il 332 a.C. e la conquista di Alessandro Magno per vedere subentrare a loro i sovrani greci, i Tolomei. Essi risiedono ad Alessandria, impregnata dello spirito greco e aperta al mondo mediterraneo. Tuttavia, la spiritualità faraonica sopravvisse, soprattutto nel Sud. Per farsi accettare come faraoni, i Tolomei si fanno incoronare secondo gli antichi riti; una regina, Arsinoe II, moglie di Tolomeo II Filadelfo (285-246 a.C.), ebbe un destino d’eccezione.

Tolomeo II era arrivato al potere all’età di venticinque anni. Cresciuto ad Alessandria in mezzo a una quantità di donne che lo vezzeggiavano, il re, che doveva avere molto fascino, si preoccupava più del proprio benessere che di quello del paese. Nei documenti ufficiali, tuttavia, egli proclama a gran voce che il paese viveva nell’abbondanza, che i suoi granai arrivavano fino al cielo, che i suoi soldati erano più numerosi dei granelli della sabbia del mare, che tutti i santuari erano in festa e che lui faceva continue offerte agli dei, riprendendo così i vecchi testi dell’epoca in cui la ricchezza dell’Egitto era reale. Trovando Alessandria fredda e noiosa, Tolomeo II tentò di dare un certo lustro al suo regno, forse impressionato dal carattere grandioso dell’architettura egizia e dallo splendore del passato delle Due Terre.

Nel 278 arrivò in Egitto sua sorella Arsinoe II, che allora aveva trentasette anni. Bella e volitiva, Arsinoe era una donna temibile. Molti pensavano che avesse commissionato assassinii, fomentato complotti e tentato di prendere il potere nel modo meno ortodosso possibile. Il suo viaggio era, in effetti, una fuga dai nemici. L’Egitto le piacque ed escogitò subito un piano per impadronirsi degli affari dello Stato: doveva sposare suo fratello Tolomeo II, che l’ammirava e la temeva. Ma c’era un piccolo ostacolo: il re era già sposato, e sua moglie si chiamava anch’ella Arsinoe. Arsinoe II si adoperò allora per screditare la rivale e riuscì a farla esiliare nella città di Copto dove, reciso ogni legame con la corte, morì di solitudine e di tristezza. La via era libera ed ella divenne regina d’Egitto.

Fece iscrivere il suo nome sui cartigli, come usavano fare i faraoni, e intervenne in ogni circostanza ufficiale, come coreggente. Debole di carattere, affascinato da quella donna dalla potente personalità, Tolomeo II accettò da lei qualsiasi cosa. Ma si poneva un delicato problema: quel matrimonio altro non era che un incesto. Arsinoe II trovò allora una giustificazione mitologica: Zeus stesso non aveva forse sposato sua sorella Era? La corte approvò e tacque. Due dignitari continuarono tuttavia a protestare: il primo fu esiliato, il secondo assassinato. Il matrimonio, forse, fu soltanto simbolico; alcuni pensano, infatti, che l’unione non sia mai stata consumata. Arsinoe II finì per governare da sola, abbandonando il fratello alle sue amanti e alle sue mollezze. Per otto anni ella si comportò come un vero e proprio faraone, motivo per cui a molte città venne dato il suo nome e un’intera regione, il Fayum, divenne «il nome di Arsinoe». Si diceva che vedere Arsinoe fosse più gradevole che contemplare il Sole e la Luna: il suo corpo era infatti magnifico e meravigliosamente profumato. Tutti la temevano, ma la lodavano per le sue azioni benefiche. Arsinoe II organizzò impressionanti processioni durante le quali il re e la regina, seduti su troni d’oro, attraversa vano Alessandria accompagnati da numerosi sacerdoti che portavano i libri di Thot e le statue delle divinità egizie. Seguivano il carro reale astrologi, indovini e scribi.

La regina era anche una donna di Stato. Contro la volontà del fratello impose un programma economico meno dispendioso di quello dei Tolomei. Volle, inoltre, fare di Alessandria la capitale economica dell’Oriente, da cui sarebbe passata la maggior quantità possibile di ricchezze. Pensò anche di estendere la zona di influenza dell’Egitto e di dotare il paese di un esercito ben equipaggiato. Vennero, dunque, scavati dei pozzi sulla strada che permetteva di inoltrare le merci provenienti dal Mar Rosso verso il Nilo, fu progettata una conquista dell’Etiopia e vennero procurati molti elefanti, indispensabili per le future battaglie.

Per influenza di Arsinoe, l’incurante Tolomeo cambiò il suo modo di pensare. E se dopotutto la regina avesse avuto ragione? E se fosse stato possibile ridare all’Egitto la dignità di grande potenza? Bisognava scavare quella via di comunicazione che molto più tardi si sarebbe chiamata canale di Suez, si doveva tentare di conquistare l’Arabia, la Siria, l’Asia Minore, la Grecia e la Macedonia. Divenuto un capo militare, Tolomeo passò all’azione, e la costa sud-ovest dell’Asia Minore venne sottomessa alla sua autorità. Ma le campagne militari costavano care, tanto più che le casse dello Stato dovevano sostenere le spese della corte di Alessandria che, popolata di parassiti e minata da un’amministrazione tentacolare e inefficiente, viveva nel lusso. Arsinoe tentò di riformarla e di ridurre le spese, dando impulso alla produzione agricola, in particolare nella bella provincia del Fayum. Il paese non mancava certo di risorse: miniere d’oro, campi di grano, vigne, peschiere, fabbriche di tessuti e di profumi, manifatture di papiro... Con un’economia risanata si poteva sperare in un grande futuro.

Ma la salute di Arsinoe peggiorò e, dopo qualche mese di sofferenze, la regina morì nel 270 a.C. Il dolore del fratello fu immenso, perché la strana coppia aveva finito per operare in armonia. Questa donna, considerata intransigente e ambiziosa, era infatti riuscita a fornire al re un ideale e a infondergli il senso di responsabilità. E lui le riservò un destino postumo d’eccezione, deificandola.

L’anno stesso della sua morte, Arsinoe entrò nel collegio delle divinità della città di Mendes, nel Delta. Con la qualifica di «dea nel novero degli dei che vivono sulla Terra» fu venerata nei principali templi del paese, in particolare a Sais, a Menfi, nel Fayum e persino a Karnak. Ad Alessandria fu costruito un tempio particolare in sua memoria; un altro fu edificato vicino alla città di Canopo, sulla punta del capo Zefirion. Arsinoe vi regnava come dea che esaudisce i voti dei marinai, assicurava un buon viaggio alle navi e placava il mare in tempesta. I poeti composero opere in suo onore, lo Stato emise monete che ne celebravano l’ascensione al mondo divino, gli scultori scolpirono numerose statue della nuova dea.

Morta nel primo mese d’estate, Arsinoe aveva beneficiato della magia degli antichi riti egizi; su di lei era stata praticata 1’ «apertura della bocca», prima di istituire la sua festa a Mendes. Poi, nei luoghi sacri, erano state erette le statue di Arsinoe divinizzata, di cui alcune erano fatte d’oro e di pietre preziose. La Casa della Vita aveva ricevuto l’incarico di comporre inni ad Arsinoe, che sarebbero stati cantati ogni giorno dalle sacerdotesse, le quali avrebbero mangiato un pane speciale consacrato alla regina. A File la defunta sovrana venne identificata con la grande Iside. Gli storici non sono indulgenti con Arsinoe II ma si deve ammettere che, a contatto con la terra egizia, la sovrana era profondamente cambiata, al punto da voler far rivivere la grandezza del regno dei faraoni.

Christian Jacq - Le Donne dei Faraoni - Il mondo femminile dell'Antico Egitto