Storia dei faraoni delle piramidi - pt1

È del tutto evidente che per mobilitare una forza lavoro di proporzioni tali da costruire un monumento gigantesco come la La Grande piramide di Cheope, era indispensabile che la corte avesse un controllo assoluto delle risorse dell’intero paese, sia della manodopera che degli altri mezzi economici. E dunque, ciò che vediamo al tempo delle piramidi di Giza pone le fondamenta di quello che poi sarà la civiltà egiziana. - Toby Wilkinson, egittologo.

La sfinge di Giza
La sfinge di Giza
Agli inizi dell’Epoca Dinastica in Egitto non esistevano edifici in pietra. Poi, verso il 2630 a.C. circa, Imhotep, alto funzionario e gran sacerdote di Ra, progettò e costruì una nuova tomba, assolutamente rivoluzionaria, per il suo padrone, il faraone Zoser, secondo sovrano della III Dinastia; con questa costruzione così innovativa ottenne che il suo nome fosse ricordato per tutto il Periodo Dinastico e dopo ancora. Ma non basta: Imhotep sarebbe stato venerato anche come medico, come mago, come astronomo e persino come dio. Fu lui a realizzare il primo edificio in pietra: la piramide a gradoni di Saqqara. Agli inizi della III Dinastia l’Egitto era forte, e l’unità del paese era andata via via rafforzandosi. Il faraone, coadiuvato dall’élite egiziana, numericamente ristretta e altamente compatta, regnava su tutto il territorio di un paese ormai unificato dalla sua capitale, Menfi, città fortificata, oltre che attivo porto fluviale, e la sua influenza si estendeva a sud fin oltre Aswan, nella Nubia vera e propria. La stabilità politica e un esercizio del potere altamente centralizzato avevano portato una notevole prosperità; ora poi il commercio con il Vicino Oriente e lo sfruttamento delle miniere e delle cave della Nubia e del Sinai facevano affluire nuova ricchezza nella tesoreria reale. Le varie province, governate di fatto da governatori ereditari o nomarchi che risiedevano nelle capitali provinciali, continuavano a godere di una certa indipendenza, ma per il momento i nomarchi accettavano di buon grado l’autorità del faraone. Nel frattempo, del tutto estranea agli avvenimenti politici, la stragrande maggioranza di una popolazione che poteva ammontare a un milione e mezzo, o forse due milioni, di individui viveva in piccole comunità agricole raggruppate attorno a centri cittadini più popolosi. Qui si continuava a coltivare la terra e a beneficiare dei doni del Nilo con metodi ampiamente collaudati dal tempo. Le province erano da sempre fedeli alle divinità locali, la cui dimora erano semplici templi fatti di canne e di mattoni di fango. Tuttavia cominciava a emergere un panteon statale: un’élite di divinità locali che sarebbero state promosse al rango di divinità nazionali e il cui culto, diffuso nell’intero paese, avrebbe rafforzato la posizione del faraone, re-sacerdote semidivino.

Ra di Heliopolis, la divinità solare dalla testa di falco, ben presto avrebbe assunto una posizione dominante tra le varie divinità del panteon nazionale; e infatti, nella sua qualità di nocchiero divino che ogni giorno trasportava il faraone defunto nella sua barca solare, era destinato a giocare un ruolo importante nello sviluppo del culto funerario legato alle piramidi. Non per nulla il falco, che volava alto nel cielo dell’Egitto, sarebbe ben présto diventato un simbolo importante della regalità. Importanza sempre maggiore andava via via assumendo anche Horus di Hierakonpolis, un’altra divinità dalla testa di falco, che sarebbe diventato il figlio della dea- madre universale Iside e del defunto re dell’oltretomba, Osiride. La leggenda di Horus e Osiride — di un figlio vivente che vendica il padre defunto e assume il posto che gli spetta sul trono dell’Egitto — era adombrata nella concezione della regalità egiziana: il faraone vivente veniva considerato Horus, mentre il faraone defunto diventava suo padre Osiride. Sfortunatamente, la storia dei primi anni dell’Antico Regno non ci è ancora completamente chiara (come del resto è per molti altri periodi dalla storia dell’Antico Egitto).

La I e II Dinastia dei fararoni egizi

La I e la II Dinastia sono considerate parte del Periodo Arcaico o Protodinastico, un’epoca affascinante, anche se ancora confusa, in cui si svilupparono appieno la centralizzazione e il sistema di scrittura. Con gli inizi della III Dinastia entriamo nell’Antico Regno, un periodo assai meglio documentato, che tuttavia presenta tuttora molti interrogativi a cui non è stato ancora possibile dare una risposta. L’Antico Regno comprende le Dinastie che vanno dalla III alla VI: le dinastie dei costruttori delle piramidi.

Zoser [Djoser (Zoser)], conosciuto dai suoi sudditi con il nome di Neterikhet, viene universalmente considerato il secondo monarca della III Dinastia, essendo succeduto all’incerto Nebka. Dei suoi successori, Sekhemkhet, Khaba e Huni, sappiamo assai poco.

Il regno del faraone successivo, Snefru, segna l’inizio della IV Dinastia: siamo approssimativamente nel 2575 a.C. Snefru è entrato nella leggenda come un re mite e saggio, un faraone il cui capriccio principale sembra essere stata la passione con cui amava ammirare giovani donne agghindate in trasparenti abiti di rete adorna di perline; al contrario suo figlio Cheope (o Khufu), che gli succedette sul trono, gode di una reputazione diametralmente opposta. Il Papiro Westcar, un fantastico racconto di magia e di avventure scritto molti anni dopo il regno di Cheope, ci mostra infatti un faraone crudele desideroso di decapitare un prigioniero soltanto per mettere alla prova la presunta abilità del suo mago di riportare in vita i morti.

Erodoto, tanto per fare un esempio, aveva pienamente accolto una pubblicità tanto negativa ed è proprio quest’immagine di un Cheope tiranno che colora la sua descrizione della costruzione della Grande Piramide. A Cheope succedette il figlio Chefren, e poi il nipote Micerino; e questi tre faraoni furono i costruttori delle piramidi di Giza che sarebbero poi diventate i veri e propri simboli dell’Egitto. Le semplici tombe a pozzo, fosse ricoperte con cumuli di sabbia o di ghiaia, erano destinate a essere usate per tutto il Periodo Dinastico. Tuttavia, per l’élite egiziana, per coloro cioè che potevano aspettarsi di trascorrere tutta l’eternità all’interno delle proprie sepolture, le tombe a pozzo sembravano troppo semplici e troppo sabbiose, e oltre a offrire uno spazio eccessivamente ristretto per il comfort del defunto, non disponevano di ripostigli né di sovrastrutture imponenti.

Pertanto, nel tentativo di assicurarsi una sistemazione confortevole in cui trascorrere l’eternità, le classi più elevate cominciarono a farsi costruire quelle che oggi vengono chiamate mastabe: strutture basse e rettangolari, fatte di mattoni di fango, erette sopra una o più stanze sotterranee, la cui pianta era copiata da quella delle case in cui trascorrevano la loro vita terrena. Anche i faraoni del Periodo Arcaico, che erano stati sepolti ad Abydos, erano stati deposti in eleganti mastabe. Attualmente le necropoli reali dell’Antico Regno si trovano ai margini del deserto occidentale, non molto lontano dalla capitale.

Dalla mastaba alla piramide

All’epoca della III Dinastia, la camera funeraria della mastaba di solito era situata al fondo di un condotto verticale scavato nello strato di roccia che si trova sotto la sabbia del deserto. In superficie, veniva eretta una solida costruzione nelle cui pareti esterne venivano costruite una o più nicchie destinate ad accogliere le offerte. Queste nicchie si sarebbero poi trasformate in vere e proprie cappelle composte da molte stanze, dove amici e parenti potevano deporre doni e offerte di cibo e bevande con cui alimentare lo spirito del defunto. La mastaba in Egitto sarebbe rimasta in auge molto a lungo: le classi più elevate avrebbero infatti continuato a costruire le loro tombe con mattoni di fango e pietra, mentre i loro sovrani si imbarcavano in nuovi, e molto più ambiziosi, progetti.

Tramonto a Giza
Tramonto a Giza
Zoser (Djoser) non fu tuttavia il primo faraone a utilizzare la pietra nella costruzione della propria tomba — le mastabe di Abydos contenevano già vari elementi in pietra. Fu però il primo ad abbandonare completamente i mattoni di fango in favore della pietra. I mattoni di fango non furono comunque considerati un materiale da costruzione di qualità inferiore, e sarebbero stati usati nella costruzione dei palazzi reali fino alla fine dell’Epoca Dinastica. Tuttavia ci si rendeva conto sempre di più che la pietra sarebbe durata molto più a lungo. E poiché le tombe dovevano durare per l’eternità, mentre i palazzi, per quanto grandiosi, erano pur sempre strutture temporanee, si trattava di una caratteristica davvero importante: se la tomba di Zoser si fosse conservata intatta sotto la sua solida sovrastruttura di pietra, anche il suo culto e il suo corpo avrebbero avuto buone probabilità di conservarsi, permettendo così al faraone di vivere per sempre dopo la morte.

Questa improvvisa capacità di costruire monumenti di notevoli dimensioni, e per di più in pietra, dice molto sull’abilità organizzativa di cui disponeva l’Egitto della III Dinastia.

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