Evergetismo privato

Indice articoli

L'Evergetismo privato - Tra gli argomenti meno trattati è sicuramente da annoverare quello concernente il rapporto tra i privati e l’organizzazione economica dello Stato, l’interazione tra questi e la gestione e il finanziamento delle strutture religiose e amministrative.

L’evergetismo privato nell’Egitto dell’Epoca Tarda attraverso alcuni documenti epigrafici.

di Matteo Lombardi - email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

1 - NOTA INTRODUTTIVA

L’interesse per gli studi di tipo economico e sociale riguardanti l’Antico Egitto è cosa recente, e una delle cause sembra essere “la qualità e la quantità della documentazione”1a disposizione degli studiosi; ciò vale in particolare per il Periodo Tardo, che solo ultimamente ha ricevuto attenzioni da parte degli studiosi.

Pochi sono gli studi pubblicati, ed essi vertono soprattutto sul tema delle “donazioni”: Dimitri Meeks è autore di “Les donations aux temples dans l’Égypte du Ier millénaire av. J.C.”2, che costituisce uno studio approfondito delle donazioni regali e di privati ai templi, con un’ampia rassegna di documenti, ma che copre solamente il periodo che va dal Terzo Periodo Intermedio alla XXVI dinastia.
Sempre nell’ambito dei documenti di donazione troviamo il breve testo di E. Iversen, “Two inscriptions concerning private donations to temples” (Copenague 1941), che si concentra in particolar modo sullo studio degli aspetti grammaticali e lessicali dei documenti che attestano donazioni di privati, comprendendo anche un elenco di documenti.

Ancora abbiamo un articolo di E. Jelinkova Reymond, “Quelques recherches sur les réformes d’Amasis”3 nel quale, cercando di fare chiarezza sulla difficile situazione politico-economica sotto il regno di Amasi, durante gli scontri con l’usurpatore Apries, si toccano testi che dimostrano la partecipazione attiva di alcuni privati con interventi di vario tipo.

Il periodo che va dalla XXVI alla XXX dinastia, cioè l’ultima fase del Periodo Tardo,viene per lo più trascurato, se si eccettuano brevi accenni fatti da Meeks4, e da J. Quaegebeur


1 D. MEEKS, « Les donations aux temples dans l’Égypte du Ier millénaire av. J.C.», in “State and temple economy in the ancient Near East” OLA V, Vol. II, p. 605.
2 ibidem, pp. 605-687.
3 in ASAE 54, pp. 251-274.
4 ibidem., pp. 653-656.


dai primi Tolomei fino all’avvento del Cristianesimo -, e analizzando pertanto i soli documenti di lingua greca; nessun accenno è fatto riguardo i testi redatti nella lingua e nelle scritture indigene. Con il suggerimento e sotto la sapiente guida del mio relatore di tesi, professore di Egittologia ed amico Dott. Paolo Gallo, la mia tesi di Laurea Triennale è stata l’occasione per cimentare le mie ancora acerbe capacità di giovane egittologo su un tema nuovo e complesso, sia, come si è già detto, per la non eccessiva abbondanza di documenti, sia per la quasi totale mancanza di riferimenti bibliografici specifici.
In questo complicato tema di ricerca l’epigrafia applicata allo studio di monumenti e sculture egizie gioca senz’altro un ruolo fondamentale; è infatti soltanto attraverso la lettura degli innumerevoli testi lasciatici dagli egizi, ed il relativo ascolto di ciò che essi ci hanno consegnato del loro mondo, che questo argomento può trovare una possibilità di lettura e, ove possibile, di interpretazione.
Per questo, nella preparazione della tesi e per la stesura del presente articolo ho cercato di “ritornare alle fonti”, affidandomi ai testi prima ancora che alle loro traduzioni, e cercando di offrire di questi testi una traduzione che fosse letterale, onde non dare sfogo a troppe licenze dettate spesso da un’interpretazione del testo che anticipi la sua comprensione.
Attraverso tali testi si cercherà dunque di rispondere ad una serie di quesiti: che cosa s’intende per evergetismo? E’ lecito parlare d’evergetismo per l’antico Egitto? Se sì, quali documenti ci aiutano a studiarlo? Quali sono le caratteristiche lessicali di tali documenti? Quali sono le azioni compiute dai “benefattori” egizi, e per quale finalità sono intraprese? Si può parlare di


5 “State and temple economy in the ancient Near East”-OLA, pagg. 712-717.
6 Non esiste un riferimento al termine “evergetismo” neppure nel “Lexikon der Ägyptologie”, dove si possono trovare solo riferimenti al tema della donazione (vedi Vol. IV, pp.590-594, s.v. “opferstiftung”).
7 Si veda C. ZIVIE COCHE, “Tanis” II (1997-2000), pp. 349-sgg, e in particolare p.428; queste due figure saranno trattate nel capitolo IV.
8 Studia Hellenistica 36, pagg. 437-469.


un rapporto dell’evergetismo egizio con il “sistema” d’evergesia sviluppato in Grecia?
Quando inizia l’evergetismo privato in Egitto e quali sono i suoi termini cronologici?
Questo lungo articolo, derivato da una revisione della mia relazione finale di Laurea Triennale, si propone senza presunzione alcuna come un’introduzione al problema, concentrandosi sulle testimonianze epigrafiche di “evergetismo egiziano” e cercando di fornirne una interpretazione, alla luce del possibile rapporto con la realtà dell’evergetismo greco.

PS: accanto ai documenti che saranno di seguito presentati ve ne sono altri, che per motivi di spazio e necessità di sintesi ho dovuto necessariamente tralasciare, che spero possano in futuro essere parte di un più completo ed approfondito studio sull’argomento.

2 - IL FENOMENO “EVERGETISMO”

2.1 - LE ORIGINI “GRECANICHE” DELL’EVERGETISMO

La parola moderna “evergetismo” deriva dal verbo greco euergétein – “fare del bene” – e dai relativi termini euergesìa / euergétema – “azione benefica” -; chi praticava l’euergesìa, riceveva il titolo onorifico di euergétes, “benefattore”9, che lo contraddistingueva di fronte ai concittadini per il suo particolare operato all’interno della comunità. Come si vede, il fenomeno dell’evergesia ha le sue origini in Grecia, e da qui poi si diffonde per tutte le regioni del Mediterraneo, attraverso le conquiste macedoni e la diffusione della cultura greco-ellenistica prima, e l’espansione dell’impero romano e del suo sistema amministrativo poi.

Chi erano gli evergeti nel mondo greco-romano, e come si esplicava la loro azione? Gli studi su quest’argomento, anche in ambito classicistico, sono recenti; uno dei contributi più grandi al tema è stato dato da P. Veyne con il suo “Le pain et le cirque”10.


9 Oggi con il termine “benefattore” si intende un ricco individuo che decide di sua spontanea volontà di donare una parte delle sue ricchezze a favore di opere utili per la cittadinanza, come la ricostruzione o il restauro di edifici pubblici o di opere d’arte, il sostegno a ospedali o alla ricerca scientifica, ecc.; ciò come privato cittadino,cioè senza ricoprire necessariamente una posizione di rilievo nell’amministrazione dello stato o essere membro di un organismo particolare.
10 Paris 1976; per l’opera e i suoi contenuti si veda anche P. VAN MINNEN, “Euergetism in graeco-roman Egypt” – Studia Hellenistica 36, pp.437-469.

E’ in quest’opera che si pongono i fondamenti per lo studio dell’evergetismo greco-romano, quegli stessi che saranno ripresi (e messi in discussione) da opere successive, prima fra tutte quella di Ph. Gauthier11; soprattutto, nell’opera di Veyne, si cerca di mettere a fuoco la personalità dell’euergétes e di definire gli ambiti in cui si realizza la sua azione, il suo rapporto con l’amministrazione e l’economia dello Stato.

Dallo studio di Veyne a quello successivo di Gauthier12, si comprende come l’evergetismo non sia un fenomeno unitario; esso si snoda attraverso una lenta evoluzione che parte dal V-IV sec. a.C. per giungere agli esiti del periodo ellenistico e poi romano, e si differenzia anche su base geografica, cioè a seconda del luogo in cui è praticato; pertanto, è possibile studiare l’evergetismo in maniera unitaria solo per tratti generali, ma poi è necessario tenere presente che ogni realtà politica, soprattutto nella fase ellenistica, ne aveva una propria forma.

Nelle sue prime fasi il fenomeno è diffuso solo presso le poleis greche, e il titolo di euergétes non è attribuito a tutti, ma solo a stranieri illustri che si sono distinti come prosseni13 o come benefattori nei confronti di una comunità straniera; in questo periodo i vari centri urbani vivono una fase di relativa prosperità, nella quale l’amministrazione della città riesce a sopperire ai bisogni dei cittadini e i cittadini stessi contribuiscono, attraverso la tassazione, alla gestione economica dello Stato.

2.2 – LE TRASFORMAZIONI NEL MONDO ELLENISTICO

A partire dal periodo ellenistico, con le conquiste macedoni e poi con la formazione dei regni ellenistici, la situazione cambia notevolmente: molti ordinamenti democratici decadono, ma soprattutto le poleis, come entità politiche indipendenti, si dissolvono a poco a poco; gli eventi storici e le difficoltà economiche pongono termine, anche se in maniera non proprio netta, alla fase nella quale tutta la comunità partecipava alla vita e alla gestione dello Stato ed esso poteva gestirsi in maniera autonoma.

E’ così che si affermano sempre di più personalità isolate - dotate di possibilità economiche, desiderio di mettere in evidenza, anche politicamente, la propria persona, e caratterizzate da una buona dose di spirito civico – le quali decidono di “fare del bene” alla propria comunità; a


11 Vd. soprattutto PH. GAUTHIER, “Les cités grècques et leurs bienfaiteurs”.
12 PH. GAUTHIER, op. cit.
13 Sono coloro che si occupavano di ricevere, ospitare e provvedere al sostentamento delle ambascerie provenienti dalle altre città.

loro, concittadini e non più soltanto stranieri, sono attribuiti gli onori dell’evergesia; si forma una nuova classe di cittadini benefattori, che nei momenti di difficoltà “sembrano, per così dire, portare sulle spalle le loro città”14. Costoro sostengono economicamente la comunità, collaborano all’evergesia regale - che in questo periodo si afferma come prassi assai comune tra i regni ellenistici (e dell’Egitto tolemaico in particolare, come si vede dall’epiteto comune tra i sovrani di euergétes) - e nei momenti più difficili si prodigano a sostenere le sorti della propria città: si sviluppa in questo modo un vero e proprio “sistema di governo, nel quale i ricchi...rispondono alle attenzioni dei loro cittadini e rendono possibile il funzionamento della macchina politica”15. Con il passare del tempo, i benefattori privati acquisiscono sempre più prestigio a livello politico e occupano posizioni di rilievo nell’amministrazione dello Stato: essi non sono più soltanto ricchi benefattori, ma influenti uomini di potere che operano come dispensatori di bene per la comunità.

Così il fenomeno dell’evergetismo privato si caratterizza in due differenti “sfumature”:

  • l’evergetismo privato vero e proprio, cioè quello messo in atto da privati cittadini che agiscono in piena libertà e per spirito civico, senza avere necessariamente posizioni politiche o amministrative particolari presso la loro città.
  • l’evergetismo privato, la cui iniziativa scaturisce dalla particolare funzione amministrativa e dai doveri della carica del benefattore16; ad esempio, in epoca romana, sono sempre più frequenti i casi in cui i magistrati, nell’esercizio delle loro funzioni, si fanno carico di opere di evergesia – per esempio spettacoli teatrali, giochi gladiatorii nei circhi, etc. - le quali vengono finanziate in parte con soldi pubblici e in parte con fondi privati; lo scopo di questo evergetismo resta però perfettamente conforme a quello dell’evergetismo privato tout court.

2.3 - LE PECULIARITÀ DELL’EUERGÉTES: ONERI E ONORI

Da un punto di vista pratico l’azione degli evergeti privati si esplicava nella costruzione di edifici di pubblica utilità, come il teatro e (in epoca romana) l’anfiteatro, acquedotti e fonti, templi o edicole sacre, ecc.; oppure in fondazioni private che si


14 Ibidem, p. 66.
15 Ibidem, p. 1.
16 vd. P. VAN MINNEN, op. cit., p. 437.


distinguevano nella partecipazione alla quadratura del bilancio statale, nella distribuzione gratuita di denaro e cibo, o nell’organizzazione di cene collettive e (sempre in epoca romana) di munera gladiatoria17; oppure ancora in offerte di statue o altari da fare alle divinità in particolari circostanze; tutto ciò a nome e per l'intera comunità locale. In cambio della loro generosità, essi ricevevano una serie di onori, che erano attribuiti dalla propria comunità, la quale si faceva carico di ricordare la loro opera e la loro memoria attraverso l’elogio pubblico, la corona e poi, nei casi più importanti, con monumenti quali stele, lapidi o statue; ciò avveniva attraverso diversi livelli, che andavano talvolta da un autoriconoscimento da parte dell’evergeta - che lasciava testimonianza della propria opera benefattrice attraverso statue o monumenti, realizzati a proprie spese o a spese dei discendenti – fino al riconoscimento pubblico dei meriti fatto dall’assemblea, e all’ufficializzazione di questo riconoscimento, che avveniva attraverso l’emanazione di un decreto e il conferimento degli onori suddetti.
Ecco dunque ciò che contraddistingue un evergeta privato nel periodo ellenistico e poi romano:

  • la ricchezza, ossia la possibilità economica di far fronte alle ingenti spese che l’azione evergetica presuppone (anche se abbiamo visto come talvolta i finanziamenti provenissero dalle casse dello Stato);
  • la visibilità, ossia la presenza di un contatto con il potere, anche solo ricoprendo una carica di rilievo all’interno dell’amministrazione o del clero;
  • la libera iniziativa, cioè senza essere vincolato o diretto dal potere costituito, spesso per spirito civico: ciò soprattutto durante i periodi di crisi politica o economica, durante i quali non è possibile far fronte alle esigenze dei cittadini, e si richiede quindi una collaborazione esterna per il sostentamento della comunità locale;
  • gli onori, attribuiti dalla comunità che conserva la memoria del personaggio e delle sue opere attraverso monumenti e pubblici riconoscimenti.

2.4 - L’EVERGETISMO GRECO SBARCA IN EGITTO

Il “sistema” dell’evergesia secondo il modello classico-ellenistico giunge in Egitto con la conquista della regione da parte di Alessandro Magno (332 a.C.) e successivamente con l’avvento al potere della dinastia Lagide (dal 322 c.ca a.C.).


17 Ossia gli “spettacoli di gladiatori”.



L’argomento è stato solo recentemente studiato, come si è accennato nell’introduzione, da P. van Minnen18, il quale ha cercato di sottolineare le peculiarità dell’evergetismo greco dopo essere stato impiantato in Egitto, nel quadro della nuova amministrazione tolemaica; il risultato che ne deriva mostra la rapida affermazione del fenomeno, soprattutto attraverso l’opera dei Tolomei, che amavano presentarsi alla popolazione come gli “evergeti per eccellenza”; la loro attività fu intensa e notevole, e le varie realizzazioni architettoniche a Dendera, Edfu, Kom Ombo, ecc., ne sono esempi magnifici, che hanno sfidato il tempo.
L’evergetismo regale dei Lagidi non era però un fenomeno del tutto originale per l’Egitto; essi, infatti, proponendo al paese il nuovo “sistema dell’evergesia” importato dalla Grecia, riprendevano, direttamente o indirettamente, un’antichissima tradizione faraonica: fin dalle dinastie più antiche, infatti, il faraone aveva praticato l’evergesia regale, fondando, costruendo, restaurando e sostenendo edifici e complessi religiosi e laici, nonché le popolazioni in occasione di pestilenze, guerre o carestie; ciò secondo un modus operandi che faceva rientrare le “azioni benefiche” tra i compiti del buon sovrano19.
La situazione cambiò quando i Lagidi dovettero confrontarsi con Roma: il periodo di difficoltà economica e la crisi politica, risvegliarono anche in Egitto l’iniziativa dei privati, di origine greca e spesso facenti parte dell’amministrazione provinciale: dai documenti in nostro possesso20, si può notare come essi si occuparono di sostenere le comunità e di finanziare il mantenimento o la ristrutturazione delle strutture pubbliche e dell’amministrazione; ciò anche fino al punto di assumere prerogative quasi regali, come mostra l’esempio dello stratega Kallimakos, funzionario di origine evidentemente graca che si preoccupa nel 39 a.C. circa di contrastare una carestia nella tebaide distribuendo grano fatto giungere da molto lontano21.


18 “Euergetism in graeco-roman Egypt” – Studia Hellenistica 36, pp.437-469.
19 Si vedano a proposito i vari “Insegnamenti morali” che gli egizi ci hanno tramandato fin dall’Antico Regno, ad esempio in BRESCIANI E., “Letteratura e poesia dell’antico Egitto”.
20 Si tratta soprattutto di epigrafi in lingua greca e materiale papiraceo; vd. P. VAN MINNEN, op. cit.
21 Per la vicenda si veda P. VAN MINNEN, op. cit., p. 444-445; il testo proviene da una stele centinata di granito nero mancante di una parte del lato sinistro e della base; al di sopra della superficie iscritta, nella zona della lunetta, si trovano incise due scene di adorazione, al dio Amon e al dio Montu, da parte della regina Cleopatra VII e di suo figlio Tolomeo detto “Cesarione”, in un secondo momento associato al trono come Tolomeo XV; le scene sono corredate da alcune iscrizioni geroglifiche. Rinvenuto nel sito di Deir el-Medina, il documento è stato successivamente acquisito dal Museo Egizio di Torino dov’è tuttora esposto (C. 1764). Misure: altezza 1,120, larghezza 0,650. Le scene di adorazione citate meritano alcune considerazioni: le figure di Cesarione e Cleopatra sono incise in maniera grossolana e secondo lo stile tipico del periodo tardo-tolemaico. Invece, lo stile con cui sono incise le due figure di Amon e Montu, richiama quello del periodo del Nuovo Regno (1552-1069 a.C.), e in particolare la fase della XIX o XX dinastia. La superficie sottostante la lunetta, inoltre, si presenta maggiormente ribassata rispetto alla lunetta stessa, come se un precedente testo (con ogni probabilità geroglifico) fosse stato cancellato per inserire il nuovo. Ci si trova pertanto di fronte al riutilizzo di un documento più antico – attraverso i confronti databile appunto alla XIX o XX dinastia – che è stato cancellato nella parte bassa per consentire l’inserimento dei nuovi testi, mentre la lunetta è stata rielaborata per inserire le immagini di Cleopatra e Cesarione, nel luogo che doveva ospitare due figure di faraoni o di privati in atto di fare offerte alle divinità. La superficie scrittoria, a causa della perdita di una parte del lato sinistro della stele e di un’importante abrasione che caratterizza la superficie del documento, si presenta in un cattivo stato di conservazione. Sono presenti due testi: nella parte superiore un testo demotico di 12 linee; sotto di esso un lungo testo in greco di 32 linee: questo, pur rispettando alcuni criteri di “impaginazione” tra le linee di scrittura, non presenta un ordinamento stoichedico delle lettere.La forma delle lettere riprende quella presente nel testo del decreto inciso sulla Stele di Rosetta (Lapis Rosettano). Un articolo su questo documento è in preparazione ad opera dello scrivente.
La “privatizzazione” dell’evergetismo greco in Egitto continuerà ancor di più con l’arrivo dei romani, quando, soprattutto in età imperiale, verranno a mancare le opere benefiche degli imperatori, poco interessati a presentarsi come evergeti.
In una prima fase, in mancanza di istituzioni greche a tutti gli effetti, le attenzioni maggiori sono rivolte ai complessi templari, che, come si vedrà nei prossimi capitoli, erano stati fino a quel momento il fulcro della vita economica e, in parte, amministrativa dello Stato faraonico. In seguito, questi cominciano ad essere abbandonati, sostituiti dalla nuova struttura del Ginnasio, cui andranno i massimi sforzi dei “benefattori”; il fenomeno raggiunge la sua massima evidenza con il periodo romano quando il ginnasio diviene il luogo cardine della gestione economica del Paese e quando l’attenzione degli evergeti si sposta progressivamente dalle zone periferiche alle città (Alessandria soprattutto), divenendo un sistema di collaborazione e scambio di favori tra le fasce ricche della popolazione22 e compromettendo così l’originaria natura e gli intenti del vero evergetismo.
Ecco dunque con quale realtà l’Egitto - nel 332 ormai per sempre divenuto terra di conquista e controllo straniero - è costretto a confrontarsi; viene da chiedersi se questo “sistema” introdotto dai macedoni, che apriva in Egitto una nuova fase nel rapporto tra lo Stato e i singoli privati, fosse del tutto nuovo per gli Egizi oppure no.
Erano esistiti in Egitto dei prodromi indigeni di evergetismo privato? Se sì, quali erano le loro caratteristiche? Chi erano gli evergeti privati indigeni e quali erano i loro obbiettivi? Quali documenti ci forniscono delle prove?

I paragrafi che seguono vogliono far luce su questo problema, cercando di individuare, nella documentazione epigrafica a nostra disposizione, l’esistenza di un evergetismo egiziano tra l’ultima fase dell’epoca faraonica e il periodo tolemaico, sulla base dei concetti sopra analizzati.
22 Si veda P. VAN MINNEN, op. cit., p. 463-sgg.

3 – LO SVILUPPO DELL’EVERGETISMO PRIVATO IN EGITTO

3.1 - IL RAPPORTO FARAONE-PRIVATI PRIMA E DURANTE IL PRIMO PERIODO INTERMEDIO: L’ESEMPIO DI ANKHTIFY

La partecipazione dei privati alla gestione economica dello Stato egiziano, e quindi il loro sostegno alle opere di pubblica utilità intraprese dal Faraone, inizia ad essere evidente a partire dal Terzo Periodo Intermedio, per continuare poi, come vedremo, fino all’arrivo dei Macedoni (332 a.C.); un periodo cronologico che, a partire dal 1070 a.C. c.ca (regno di Smendes – XXI dinastia), attraversa sette secoli assai travagliati per l’Egitto e la sua monarchia, durante i quali più volte il potere centralizzato verrà messo in discussione: il Paese dovrà subire diverse invasioni da parte di popoli stranieri (prima gli Assiri, poi, per ben due volte, i Persiani e infine i Macedoni), e sempre, durante questi momenti di instabilità politica, l’organizzazione e l’economia dello Stato egiziano si troveranno in difficoltà organizzative e finanziarie.

Fino a questo momento, il potere faraonico ha sempre avuto il pieno controllo dell’economia dello stato e si è occupato in maniera autonoma delle iniziative di pubblica utilità, basandosi sui fondi provenienti dal sistema di tassazione in vigore; tali iniziative sono di vario genere: gestione delle risorse idriche (canalizzazioni, dighe...); costruzione di edifici pubblici per l’amministrazione o la gestione delle risorse; soprattutto, fondazioni di carattere religioso, cioè strutture templari, la quali sono da sempre per l’Egitto un sistema basilare per legare e controllare e legare il tessuto sociale, nonché per amministrare le entrate e gestire il surplus e la ridistribuzione delle risorse23.
La fondazione religiosa diviene da subito un’esigenza imprescindibile e tale rimarrà fino a tutto il periodo tolemaico, tanto che essa costituisce per noi la massima parte della documentazione relativa alle iniziative faraoniche in ambito architettonico; il faraone si fa personalmente carico di quest’iniziativa: è lui che fonda l’edificio compiendo i rituali necessari, è lui che si preoccupa di finanziarne la costruzione (o la ricostruzione o il restauro), è lui che dota la fondazione di tutti i mezzi necessari affinché questa possa gestirsi in maniera autonoma, ed è lui, infine, a fornire alla struttura una serie di risorse economiche (attraverso
23 Si veda a proposito J. QUAEGEBEUR, “Le Rôle économique du clergé en Égypte hellénistique” in “State and temple Economy in the ancient Near East”- OLA, p. 712.

finanziamenti provenienti dal sistema delle imposte e la donazione di terreni dai quali trarre le risorse necessarie) con le quali il tempio possa autosostenersi, arricchirsi e prosperare24.
Il ruolo dei privati, a partire dall’Antico Regno fino al Terzo periodo Intermedio, è dunque subalterno: ad essi il Faraone può al massimo affidare la supervisione o la direzione dei lavori, mentre nessuna libera iniziativa è loro concessa; ciò nonostante accade spesso che, nel realizzare fedelmente il progetto del loro faraone e nel distinguersi per il loro privilegio presso i loro concittadini, essi giungano ad ottenere onori degni di una divinità e siano considerati dal popolo in possesso di proprietà guaritrici e taumaturgiche:

nell’Antico Regno si tratta del “mitico” Imhotep, architetto e sovrintendente ai lavori del faraone Djoser (III dinastia), che in epoca greca fu assimilato al dio guaritore Asclepio;

nel Medio Regno di Montuhotep, visir e soprintendente ai lavori sotto Sesostri I (XII dinastia);

nel Nuovo Regno di Senenmut, sotto la regina-faraone Hatschepsut (XVIII dinastia); ancora del ben noto Amenhotep figlio di Hapu, soprintendente alle opere regie di Amenhotep III (XVII dinastia)25.

La loro figura, però, non può essere associata propriamente a quella dell’evergeta privato: essi costituiscono piuttosto l’esempio del “funzionario modello”, aperto ai bisogni del popolo e nello stesso tempo fedele servitore ed esecutore della volontà del Faraone.

Un’eccezione, però, sembra esserci offerta da alcune iscrizioni provenienti dalle tombe di Mo’alla, sito dell’Alto Egitto tra Armant ed Esna, datate al Primo Periodo Intermedio26.

Qui sono state scavate, in particolare, due sepolture appartenenti a due nomarchi locali, forse legati da vincoli di parentela: Ankhtify e Sobekhotep.
Se la tomba di Sobekhotep conserva solo frammenti di iscrizioni, troppo esigui per ricavarne qualcosa di definito in merito al nostro tema di ricerca, ben diversa è la situazione di quella di Ankhtify, nella quale sono state ritrovate 15 iscrizioni geroglifiche a carattere autobiografico, distribuite sui pilastri della tomba, che ci parlano dettagliatamente della vita e delle opere di questo personaggio.

Ankhtify vive e opera in un periodo assai travagliato per l’Egitto, caratterizzato da un progressivo indebolimento del potere centrale, dopo la morte in età veneranda del sovrano Pepi II, e dall’emergere di forti personalità isolate: si distinguono soprattutto i nomarchi
24 Per un esempio relativo alla XXV dinastia si veda D. MEEKS, op. cit., pp. 607-608.
25 Per la sua figura, e la sua popolarità presso la popolazione, nonché per gli altri personaggi si veda il recente articolo di J. M. GALAN, “Amenhotep son of Hapu as Intermediary between the People and God”, in “Egyptology at the Dawn of the Twenty-first Century – Proceedings of the eighth International Congress of Egyptologists” – Cairo 2000, pp. 221-229.
26 Le sepolture sono state pubblicate da J. VANDIER, “Mo’alla, la tombe d’Ankhtifi et la tombe de Sobekhotep ” – IFAO (Cairo 1950).
{moshide hidden Il testo completo sull'ervegetismo|chiudi} Non ci è possibile pubblicare per intero l'intero testo sull'ervegetismo privato nell'Egitto di Epoca Tarda poiché contiene molte righe scritte con i caratteri di translitterazione che in html non è possibile rendere in modo soddisfacente.

Per espessa volontà dell'Autore, rendiamo scaricabile agli utenti registrati l'intero testo in formato PDF.

Scarica il Pdf (7 mega, oltre 100 pagine)

Il testo è di esclusiva proprietà dell'autore e non può essere ripubblicato in qualsiasi forma, neppure parzialmente senza il suo esplicito consenso.

Chi volesse contattare l'Autore lo può fare scrivendo a: Matteo Lombardi - email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Grazie ancora a Matteo Lombardi per il suo prezioso contributo. {/moshide}