Arte egizia nell'Antico Regno

Djdedefra IV din.
Djdedefra IV din.
L'Antico Regno, databile dalla III alla VI dinastia, occupò i cinque secoli compresi tra il 2778 ca. e il 2220 a.C. Nonostante la riunificazione politica fosse già compiuta nel 3100 ca. a.C., la divisione dell'Egitto in due parti distinte, a sud e a nord, rimase forte per tutto l’Antico Regno. Le tombe dei regnanti delle prime dinastie, costruite ad Abido e Saqqara, imitavano la struttura dei palazzi o dei templi; il gran numero di ceramiche e oggetti in pietra, in avorio e in osso intagliato che vi sono stati rinvenuti attestano l'elevato livello di sviluppo artistico e artigianale dell'Egitto dell'Antico Regno.

L'arte egizia dell'Antico Regno

La scrittura a geroglifici, con cui si esprimeva la lingua egizia, si trovava allora nello stadio iniziale della sua evoluzione. Durante la III dinastia, l'architetto Imhotep costruì per il faraone Zoser (2737 ca. - 2717 ca. a.C.) a Saqqara, nei pressi della capitale Menfi, un intero complesso funerario composto da un gruppo di templi ed edifici annessi, e dalla grande piramide a gradoni nella quale fu deposto il corpo del re: quest’ultima è forse il più antico esempio conservatosi di architettura monumentale e una delle prime versioni della tipica piramide egizia. Le piramidi di Giza, in cui furono sepolti i faraoni della IV dinastia, testimoniano la perizia ingegneristica degli architetti egizi, capaci di edificare monumenti che sono ancora oggi considerati fra le meraviglie del mondo. La grande piramide di Cheope raggiungeva originariamente l'altezza di 147 m ed era formata da circa 2.300.000 blocchi di pietra del peso medio di 2,5 tonnellate ognuno. Oltre che dalla piramide, ogni impianto funerario era costituito da un tempio a valle, una strada d'accesso e un tempietto o una cappella in cui venivano celebrati i riti religiosi in onore dello spirito del faraone. Intorno a Giza – dove si trova, oltre alle piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, anche la nota Sfinge – si sviluppò una necropoli formata da numerose mastabe (termine antico che significa "panche in mattoni d'argilla"), cioè tombe a tronco di piramide, con tetto piatto e pareti a scarpata, chiamate così per la loro somiglianza con le panche allora poste di fronte alle case. Le mastabe erano riservate ai membri della famiglia reale, agli alti ufficiali, ai cortigiani e ai funzionari: per la maggior parte avevano un pozzo perpendicolare che conduceva alla camera funeraria, contenente la mummia e il corredo funerario. In epoche successive, alla tomba costruita in conci di pietra subentrò un’altra tipologia, quella della sepoltura scavata direttamente nella roccia. Dalla disposizione delle tombe di Giza e Saqqara si deduce il modello urbanistico al quale i costruttori si erano ispirati. Poco si conosce invece dell'architettura domestica dell'Antico Regno, poiché le abitazioni comuni e i palazzi erano costruiti in adobe e non si sono conservati. Le testimonianze più interessanti sui costumi e le condizioni di vita degli antichi egizi derivano quindi dai templi e dalle tombe, realizzati in pietra e destinati a durare.

Rispetto al periodo dinastico antico, la scultura egizia conobbe nell’Antico Regno una rapida evoluzione: fin dal tempo di Zoser, tipiche furono le grandi statue dei faraoni, che si credeva ne ospitassero lo spirito. La tecnica ricorrente prevedeva che il blocco di pietra venisse dapprima squadrato fino ad assumere la forma di un parallelepipedo, quindi sbozzato sul lato frontale e sui due laterali secondo la figura umana da rappresentare: la scultura che ne risultava era pensata per essere osservata frontalmente. Dovendo creare un'immagine atemporale ed eterna della persona ritratta, l'artista non era interessato a una descrizione naturalistica della sua fisionomia: inoltre rappresentava la figura perlopiù in piedi, bloccata in una posizione statica, anche quando la situazione evocata doveva essere di movimento. L'anatomia umana era nota, ma veniva tradotta in forma astratta; le immagini dei regnanti, in particolare, venivano idealizzate e caricate di una grande dignità. Una statua in diorite di Chefren (2530 ca. a.C., Museo egizio, Il Cairo), il faraone per il quale fu costruita la seconda grande piramide di Giza, riassume tutte le caratteristiche tipiche del modo di rappresentare i sovrani nell’Antico Egitto: il re è assiso su un trono decorato da un emblema delle terre riunificate, con le mani sulle ginocchia, il capo eretto e lo sguardo rivolto lontano. Il falcone del dio Horus posto alle sue spalle simboleggia che egli è "Horus vivente". I volumi sono compatti, quasi geometrici, e tutte le parti della figura sono bilanciate, dando vita a una potente immagine di regalità divina. I personaggi della famiglia del faraone e gli alti dignitari potevano venire raffigurati anche in gruppi scultorei, insieme a congiunti e consanguinei ancora viventi. Le statue erano in pietra, in legno e raramente in metallo, e venivano dipinte; gli occhi erano fatti con altri materiali, come il cristallo di rocca, e incastonati nella statua per aumentarne l'effetto di verosimiglianza. Le sculture ritraevano quasi esclusivamente persone altolocate; talvolta venivano rappresentati anche personaggi umili intenti a preparare il cibo o a svolgere attività artigianali, in statue da deporre nella tomba degli aristocratici, quale immagine imperitura della loro servitù. Se i rilievi sui muri dei templi dovevano perlopiù glorificare il re, quelli nelle camere interne delle tombe rappresentavano gesti e cose gradite allo spirito del defunto, che lo accompagnassero nella vita dell’aldilà. Spesso si tratta di scene in cui il defunto prende parte o sovrintende a varie attività, come quando era in vita. Il tipico metodo di raffigurazione bidimensionale della figura umana, sia scolpita sia dipinta, fu dettato dall’intento di cogliere l’essenza della persona; combinava la rappresentazione di profilo del capo e della parte inferiore del corpo a un’immagine frontale del torso, offrendo così la descrizione più chiara di ogni parte. Questa regola era sempre adottata nei ritratti dei re e dei membri della nobiltà; mentre per i servitori e i lavoratori dei campi erano concesse variazioni e interpretazioni più libere. Per completare l'effetto di verosimiglianza i bassorilievi venivano colorati e alcuni dettagli aggiunti solo a pennello; abbiamo anche testimonianze, risalenti all'Antico Regno, di rare decorazioni non scolpite, ma interamente affrescate. Dai bassorilievi funerari si possono trarre molte indicazioni relative alla vita e ai costumi egizi; vi sono illustrati i metodi per allevare il bestiame, le varietà dei cibi e i modi per prepararli, la cattura degli animali selvatici, la costruzione delle navi e diverse attività artigianali. Le immagini erano disposte sulle pareti in bande orizzontali, o registri, e dovevano essere lette come narrazioni di eventi ricorrenti, ciclici.

Le ceramiche riccamente decorate del periodo dinastico antico lasciarono il posto nell’Antico Regno a manufatti di fine fattura privi di ornamentazione, spesso con la superficie brunita, elaborati in una grande varietà di forme. La ceramica era materiale utilizzato per tutti i tipi di recipienti, sia per quelli impiegati per mangiare e bere, sia per quelli di grandi dimensioni destinati a conservare cibi o bevande, come ad esempio la birra. I gioielli erano in oro e pietre dure, ornati di quei motivi zoomorfi e vegetali ai quali si ispirarono sempre, in tutta la loro storia, le arti decorative egizie. Ci sono giunti ben pochi esempi di mobili del tempo, ma dalle pitture tombali si desume che sedie, letti, sgabelli e tavoli fossero di forma piuttosto essenziale, decorati a motivi vegetali e con gambe terminanti con una parte scolpita a foggia di zampa animale. Al termine della VI dinastia il potere centrale si era indebolito; i governatori locali presero a farsi seppellire nelle rispettive province invece che nei pressi dei complessi funerari del loro re. Risale a quest'epoca la più antica statua in metallo conservatasi, una figura in rame (Museo egizio, Il Cairo) di Pepi I, che regnò dal 2395 ca. al 2360 a.C.