Artigiani e operai nel regno dei faraoni

sogni Una delle credenze più persistenti riguardo la civiltà dell'Antico Egitto è quella che le piramidi o le tombe della Valle dei Re fossero state realizzate sfruttando la manodopera degli schiavi. Nella lunga storia egizia ci sono prove dell'esistenza della schiavitù, uomini e donne in gran parte provenienti dai paesi dell'Asia o dalle regioni egiziane confinanti con il Sudan erano fatti prigionieri durante le guerre, potevano diventare servitori dei sovrani, di facoltosi privati, impiegati in umili lavori all'interno dei templi o nelle proprietà degli ufficiali di alto rango.

C'era una linea sottile che poteva differenziare la vita di uno schiavo da un umile contadino: ad esempio il servo personale di un facoltoso egiziano risultava sicuramente più agiato del contadino locale, nel papiro Wilbour si legge che gli schiavi potevano essere comprati, venduti e addirittura noleggiati ma potevano anche affittare o comprare terre da coltivare se riuscivano ad accumulare sufficienti somme di denaro.

Manovale di Deir el Medina
Manovale di Deir el Medina

La forza lavoro era costituita dagli artigiani ed operai egiziani che costruirono la maggior parte delle meraviglie architettoniche che ancora oggi lasciano stupefatti i visitatori di tutto il modo che si recano nel paese dei faraoni.

Abili costruttori, operai ed artigiani lavorarono per anni alla realizzazione delle piramidi e delle tombe reali ma a questi lavoratori si affiancarono anche contadini e manovali provenienti dalle campagne soprattutto durante la stagione della piena quando le acque del Nilo ricoprivano i campi che non potevano essere coltivati.

Artigiani ed artisti erano spesso figure anonime che riproducevano in modo meccanico testi o soggetti standard, in alcuni casi non erano istruiti quindi potevano solo copiare ciò che il maestro scriba o l'artista aveva disegnato per loro.

Ma sono anche state ritrovate tombe di artisti reali ai quali i sovrani avevano riconosciuto il merito del lavoro svolto e avevano donato loro delle bellissime tombe come ad esempio le sepolture a Tebe e ad Amarna dell'artista e funzionario reale Parennefer o dell'architetto Nekhebu.

I due più grandi insediamenti urbani che ospitavano le abitazioni degli artisti ed operai sono rappresentate dal villaggio di Deir el Medina e il villaggio degli operai a Giza.

Cimitero degli operai di Giza
Cimitero degli operai di Giza

Deir el Medina sorgeva a ovest di Luxor ed era situata sul margine della Valle dei Re ai piedi della collina Qurnet Murai, luogo dove furono realizzati le sepolture dei sovrani del Nuovo regno.

In origine il borgo ospitava circa quaranta case di operai e dai ritrovamenti fatti sembra che il nome di Thutmosi I fu riprodotto su molte case ecco perché si pensa che fu lui il fondatore del villaggio nel 1500 a.C. circa. All'inizio gli abitanti di Deir el Medina erano un ristretto numero di operai arrivati in quella valle isolata per scavare e decorare le tombe reali. Erano controllati dalla polizia del faraone che sorvegliava continuamente il lavoro, tenevano sotto controllo i magazzini degli strumenti e quello delle scorte di cibo, cercava di evitare i furti e tutelava i segreti delle sepolture.

Il villaggio era circondato da un muro di cinta, le abitazioni fatte in mattoni di fango con fondamenta di pietra erano di modeste dimensioni, avevano la stessa forma e tutte si affacciavano sulla strada principale. La planimetria iniziale del villaggio fu mantenuta anche quando furono aggiunte nuove case durante il regno di Thutmosi III che fece rinforzare la cinta muraria. Con Ramesse II il villaggio di Deir el Medina arrivò alla sua massima espansione contando oltre 120 abitazioni.

Il villaggio fu definitivamente abbandonato nel corso della XXI dinastia per cause ancora poco chiare.

Rovine del villaggio di Deir el Medina
Rovine del villaggio di Deir el Medina

I mestieri che gli operai svolgevano erano il manovale, l'intonacatore, il disegnatore, lo scalpellino, il cavatore, il pittore, lo scultore, l'architetto e lo scriba. Quasi tutti questi mestieri erano ereditari, infatti intere generazioni di egiziani lavorarono nella valle dei Re e nella piana di Giza. La vita nei villaggi iniziava con il sorgere del sole quando gli operai cominciavano il lavoro che continuava per circa otto ore con una pausa per il riposo ed il pranzo. I manovali erano divisi in squadre guidate da un caposquadra o dal suo vice, gli scriba invece erano incaricati a redigere i registri dove veniva annotato ogni giorno il numero degli assenti ed il motivo della loro mancanza, il lavoro svolto e gli attrezzi utilizzati.

La "settimana" era formata da dieci giornate al termine della quale veniva dato ad ogni operaio un giorno di riposo, la paga era costituita da razioni alimentari fornite dal re che comprendevano orzo, grano, pane, carne, birra, sale, pesce, verdure, vino e legna da ardere ma sono state ritrovate testimonianze di pagamenti anche in argento.

Gli operai che occupavano il villaggio di Giza erano divisi in gruppi di circa 2000 persone suddivisi in due brigate di mille uomini ed ancora frazionati in cinque compagnie chiamate phyle (in greco tribù) che comprendeva 200 operai sotto il controllo di sorveglianti.

villaggio dei costruttori
villaggio dei costruttori

Nel cimitero dei costruttori delle piramidi di Giza sono stati trovati scheletri che sottolineano come fosse fisicamente logorante la vita degli uomini e donne che lavorarono come operai.

A conferma della natura rischiosa di questo tipo di attività ci sono i numerosi resti mortali che evidenziano fratture al cranio, alle articolazioni, malattie degenerative dovute allo sforzo fisico compiuto dagli operai che in media vivevano circa 35 anni (gli uomini).

Gli artisti reali, che godevano dei favori dei sovrani, potevano invece avere una vita più lunga, circa cinquanta anni, erano invece le donne che vivevano meno di trent'anni perché i parti potevano spesso avere esiti incerti. A testimonianza di questa tesi è stata ritrovato lo scheletro di una donna di bassa statura morta quasi certamente di parto con in grembo ancora il figlio.

Articolo a cura di Silvia B.