Egitto, archeologi italiani scoprono 100 papiri e un tempio del dio coccodrillo

A sud del Cairo un'équipe senese rinviene l'edificio meglio conservato fra quelli dedicati a Sobek, divinità sovrana del Nilo. Polemiche nella capitale egiziana sul futuro della sede del partito di Mubarak. In Irak la pioggi porta alla luce un tesoro dei Sassanidi: 63 monete d'oro del IV secolo dopo Cristo.

A pochi giorni dall'importante scoperta degli archeologi italiani che a Luxor hanno rinvenuto una necropoli, ecco un altro successo conseguito in Egitto dagli studiosi del nostro Paese: quasi cento papiri, testi scritti su cocci e statue di faraoni e sacerdoti di eccezionale interesse artistico e storico sono venuti alla luce a Dionysias a 100 chilometri a sud del Cairo. Ed è stato identificato anche un tempio, in buono stato di conservazione, dedicato a Sobek, il dio coccodrillo. Le scoperte sono emerse durante la campagna di scavi che si è conclusa a Natale, grazie al lavoro degli archeologi dell'Università di Siena, impegnati da molti anni in scavi e attività di ricerca archeologica sulla sponda meridionale e orientale del Mediterraneo, in Grecia, Giordania, Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco.

Le missioni in Egitto organizzate nel 2012 dal professor Emauele Papi sul sito di Dionysias, un centro fondato in età tolemaica, nel III secolo a.C., che continuò la sua lunga esistenza fino al VI secolo d.C., hanno portato alla luce ritrovamenti importanti, compresa una magnifica testa di faraone. L'applicazione di tecnologie avanzate ha rivelato strade, isolati, case, e sacelli costruiti intorno al tempio dedicato a Sobek, il dio coccodrillo sovrano dell'acqua e del Nilo. Le ricognizioni di superficie hanno identificato decine di oleifici su cui si basava l'economia della regione; le indagini nel tempio hanno scoperto numerose stanze segrete dietro le pareti e dentro i muri, e cripte nascoste sotto i pavimenti, con un complessi percorsi e sistemi di chiusura.

Restando in Egitto, si deve registrare una polemiche che riguarda i beni di interesse storico-culturale. Il rudere annerito e bruciacchiato del palazzo che al tempo dell'ex rais Hosni Mubarak rappresentava il potere è lì, a due anni dalla notte del 28 gennaio quando venne assaltato e dato alle fiamme dai dimostranti che due settimane dopo deposero il faraone egiziano. La rovina del palazzone del Partito nazionale democratico, che nel frattempo è stato disciolto, è ora al centro di una contesa fra governo e rivoluzionari, che hanno visioni opposte su che cosa fare di quello che continua ad essere il simbolo del rovesciamento dell'ex rais. Il ministro ne vuole fare il giardino in stile faraonico del vicino museo egizio, i rivoluzionari invece un il «memoriale Tahrir» dedicato alla rivoluzione. Il ministro delle antichità egiziano Mohamed Ibrahim ne rivendica il terreno, sostenendo che apparteneva al museo egizio dalla sua nascita, molto prima quindi che venisse costruito, nel 1956, il palazzo dei vincitori della prima rivoluzione egiziana, quella di Gamal Abdel Nasser, che lo fece diventare la sede dell'Unione socialista araba.

Tornando all'archeologia, le piogge che si sono abbattute sull'Irak nei giorni scorsi per un'eccezionale ondata di maltempo che ha colpito tutto il Medio Oriente hanno portato in superficie 63 monete d'oro, a una sessantina di chilometri a sud di Baghdad, risalenti all'epoca Sassanide (226 a.C.-651 d.C.), l'ultima grande dinastia imperiale precedente all'islamizzazione della regione. Lo ha reso noto il ministero del Turismo e dei Beni culturali, sottolineando che il tesoro, trovato da alcuni residenti, è stato consegnato al Museo Nazionale.

Le monete, in ottimo stato di conservazione, sono state scoperte dopo che l'acqua aveva eroso il terreno nel sito di Aziziya, nella provincia di Wassit, conosciuto ma non ancora esplorato con una campagna organizzata di scavi. Il portavoce del ministero ha precisato che su un lato le monete riportano l'effige di un re sassanide che si ritiene essere Shapur II, vissuto tra il 309 e il 379 d.C. Sull'altro lato è raffigurata una fiamma.

Il Giornale