Cleopatra: alla ricerca del mito

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Cleopatra: alla ricerca del mito Dov’è Cleopatra? Ma dappertutto, ovviamente: il suo nome è immortalato da slot-machine, giochi da tavolo, tintorie e persino da un programma di monitoraggio dell’inquinamento del Mediterraneo. Sotto forma dell’asteroide 216 Kleopatra, la regina orbita intorno al Sole. Il suo “bagno rituale” e “il suo stile di vita decadente hanno ispirato un profumo. E sempre lei, la donna che fu l’ultimo faraone d’Egitto e che avrebbe sperimentato sui prigionieri le proprie pozioni velenose, avvelena i suoi sudditi nella veste della più famosa marca di sigarette del Medio Oriente. Secondo la memorabile definizione che diede di lei il critico Harold Bloom, Cleopatra è stata “la prima diva della storia”.

Se la storia è un palcoscenico, non è mai esistita attrice più versatile di questa figlia, madre e sorella di re, nata in una famiglia al cui confronto i Borgia sembrano educande. Archetipo delle ossessioni maschili, Cleopatra è anche una musa inesauribile: dal 1540 al 1905 a lei sono stati dedicati 5 balletti, 45 opere liriche e 77 drammi teatrali. Almeno sette film la vedono protagonista; in una pellicola di prossima uscita avrà il volto di Angelina Jolie. Ma pur onnipresente, Cleopatra resta inafferrabile, celata da quella che il biografo Michael Grant ha definito la “nebbia di invenzioni e vituperi che la circonda da quando era in vita”. Nonostante le sue presunte capacità di seduttrice, non esiste un’effigie attendibile del suo volto; le immagini che abbiamo si basano su profili poco lusinghieri incisi su alcune monete; vi è poi un rilievo di circa 6 metri, ma poco indicativo, in un tempio di Dendera, e alcuni busti di marmo esposti in vari musei, la maggior parte dei quali potrebbero anche non raffigurare lei.

Cleopatra
Cleopatra
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Gli storici antichi elogiavano il fascino di Cleopatra, non la sua avvenenza. Sicuramente la regina fu in grado di scatenare la passione in due potenti Romani: Giulio Cesare, da cui ebbe un figlio, e Marco Antonio, che sarebbe stato suo compagno per oltre un decennio e padre di altri tre figli. La bellezza di Cleopatra, scrisse lo storico greco Plutarco, non era “tale che potesse sbalordire chi la guardava; ma aveva maniere così leggiadre, tanta grazia ed eloquenza nel parlare, che la bellezza di lei aiutata da queste cose faceva invaghire tutti. Dilettava anche il suo tono di voce, e la sua lingua sembrava uno strumento dalle tante corde”.

Molti si sono chiesti dove sia la tomba di Cleopatra. La regina fu vista per l’ultima volta nel suo mausoleo nella leggendaria immagine che la ritraeva sul letto di morte, adorna di un diadema e delle sue vesti regali, adagiata su quello che Plutarco descrive come un giaciglio d’oro. Dopo l’assassinio di Cesare, l’erede di questi, Ottaviano, aveva combattuto contro Antonio per oltre dieci anni per assicurarsi il controllo dell’Impero romano. Quando nell’estate del 30 a.C. le forze di Ottaviano entrarono in Alessandria dopo aver sconfitto Antonio e Cleopatra ad Azio, la regina si barricò dietro le massicce porte del suo mausoleo fra ori, argenti, perle, opere d’arte e altri tesori che giurò di dare alle fiamme affinché non cadessero nelle mani dei Romani.

Il primo agosto Antonio, in fin di vita per le ferite di spada che egli stesso si era procurato, fu portato nel mausoleo per poter bere un ultimo sorso di vino e morire fra le braccia di Cleopatra. E forse fu ancora una volta nel mausoleo che Cleopatra, una decina di giorni dopo la morte di Antonio, sfuggì all’umiliazione della sconfitta e della prigionia togliendosi la vita, all’età di 39 anni, pare col veleno di un aspide. Lo storico romano Dione Cassio scrisse che il suo corpo fu imbalsamato, come quello di Antonio, e Plutarco riferì che per ordine di Ottaviano l’ultima regina d’Egitto venne sepolta accanto al consorte romano sconfitto. “Non vi sarà tomba sulla Terra che racchiuda coppia più illustre”, scrisse Shakespeare 1.600 anni dopo.

Il problema è che non abbiamo idea di dove possa essere questa tomba. Le attenzioni che gli artisti hanno dedicato a Cleopatra sembrano inversamente proporzionali alla povertà dei ritrovamenti archeologici. Alessandria e dintorni hanno suscitato minor interesse rispetto a siti più antichi lungo le rive del Nilo come Giza o Luxor. E si capisce: terremoti, maremoti, innalzamento del mare, abbassamento del suolo, conflitti civili e l’imperterrito saccheggio di materiali da costruzione hanno distrutto l’antico quartiere in cui Cleopatra e i suoi antenati vissero per tre secoli. Oggi la gloria della vetusta Alessandria giace per lo più sotto cinque o sei metri d’acqua.

Questo busto marmoreo con una fascia regale sui capelli potrebbe raffigurare Cleopatra; forse fu realizzato mentre la regina era a Roma. Alcuni particolari come la curva del naso corrispondono alle effigi sulle monete. Gli storici riferiscono che Cleopatra affascinava con la sua intelligenza, la prontezza di spirito e il carisma. Di lei si innamorarono due degli uomini più potenti del tempo: Giulio Cesare e Marco Antonio. Negli ultimi decenni gli archeologi hanno finalmente deciso di confrontarsi con il mistero di Cleopatra, avviando ricerche sulla sua sepoltura. Gli scavi sottomarini intrapresi nel 1992 dal francese Franck Goddio e dal suo Institut européen d’archéologie sous-marine (IEASM) hanno consentito agli studiosi di ricostruire le parti sommerse dell’antica Alessandria, i moli, il lungomare e la zona in cui un tempo sorgevano i palazzi reali. I ritrovamenti - sfingi di pietra, blocchi di calcare per pavimentazione, colonne e capitelli di granito - ci invogliano a capire meglio il mondo di Cleopatra.

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«Il mio sogno è di trovare una statua di Cleopatra con un cartiglio», dice Goddio. Finora, però, gli scavi sottomarini non hanno riportato alla luce nessuna tomba. Di recente è stata avviata un’altra ricerca in un tempio nel deserto alle porte di Alessandria: l’ipotesi è che una sovrana lungimirante come Cleopatra volesse un sepolcro in un luogo spiritualmente più significativo della città, dove le sue spoglie mummificate potessero riposare accanto a quelle dell’amato Antonio.

Nel novembre del 2006 sono andato nell’ufficio del Cairo di Zahi Hawass, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità dell’Egitto. Hawass ha tirato fuori un foglio di carta intestata dell’hotel Nile Hilton sul quale erano abbozzati i luoghi principali di un sito in cui l’anno prima aveva condotto scavi con una squadra di archeologi e operai. «Stiamo cercando la tomba di Cleopatra», ha detto emozionato. «Nessuno ha mai fatto una ricerca sistematica dell’ultima regina d’Egitto». La ricerca era iniziata nel 2004, quando una studiosa dominicana di nome Kathleen Martinez lo aveva contattato per esporgli la teoria, da lei stessa formulata, secondo cui era possibile che Cleopatra fosse sepolta in un tempio in rovina nei pressi di Taposiris Magna (oggi Abu Sir), una città nel deserto costiero 45 chilometri a ovest di Alessandria.

Situata fra il Mediterraneo e il lago Mareotide, Taposiris Magna fu una città portuale di spicco ai tempi di Cleopatra. I suoi vigneti erano famosi per il vino che vi si produceva e il geografo Strabone, che fu in Egitto nel 25 a.C., scrisse che nella città si allestiva una grande festa pubblica, molto probabilmente in onore del dio Osiride. Nelle vicinanze si trovava una spiaggia rocciosa, aggiungeva Strabone, “in cui folle di giovani si radunano in tutte le stagioni dell’anno”.

«Prima di dare inizio agli scavi pensavo che Cleopatra fosse sepolta di fronte al palazzo di Alessandria, nell’area delle tombe dei re», ha raccontato Hawass. Ma Martinez a poco a poco lo ha convinto che valeva la pena prendere in esame un’altra teoria: cioè, che Cleopatra fosse stata abbastanza accorta da farsi seppellire con Antonio in un luogo segreto in cui nessuno avrebbe disturbato la loro vita eterna insieme.
Ex bambina prodigio, laureata in giurisprudenza a 19 anni, Katbleen Martinez insegnava archeologia all’Università di Santo Domingo, ma per lei l’archeologia era un’occupazione secondaria; non era mai stata in Egitto né aveva mai preso in mano una cazzuola. Lei stessa fa risalire la sua ossessione per Cleopatra a una lite con suo padre nel 1990, a 24 anni. Un giorno era finita nella biblioteca del padre cercando l’Antonio e Cleopatra di Shakespeare. Fausto Martinez, docente e studioso di giurisprudenza normalmente molto cauto nei giudizi, aveva liquidato la famosa regina definendola una sgualdrina.

«Ma come fai a dire una cosa del genere!», aveva protestato la figlia. Dopo una lunga discussione in cui Kathleen aveva sostenuto che l’immagine del personaggio era stata distorta dalla propaganda romana e da secoli di pregiudizi contro le donne, il professor Martinez aveva ammesso che forse la sua era un’opinione iniqua.
Da allora Kathleen Martinez ha raccolto tutto ciò che si conosce su Cleopatra. Si è messa a studiare i testi canonici, in particolare la descrizione di Plutarco dell’alleanza stretta fra lei e Marco Antonio. Sembrava evidente che i Romani avevano voluto dipingerla (nel peggiore dei casi) come una despota decadente e lussuriosa e (nel migliore) come un’astuta politicante che aveva acceso lo scontro tra le fazioni in lotta di Roma, superpotenza emergente, nel disperato tentativo di salvaguardare l’autonomia dell’Egitto. C’era anche la possibilità che ai moderni studiosi fossero sfuggiti importanti indizi sulla sua sepoltura.

«Negli scritti antichi non c’è niente che indichi dov’è sepolta Cleopatra», dice la Martinez. «Ma sono convinta che lei avesse prestabilito tutto: dal modo in cui è vissuta al modo in cui è morta al modo in cui voleva essere ritrovata». Così nel 2004 ha scritto una e-mail a Hawass; ma non ha ricevuto risposta. Non potendo introdursi furtivamente nel suo ufficio chiusa in un sacco (il famoso stratagemma che pare avesse usato la ventunenne Cleopatra nel 48 a.C. per conoscere Giulio Cesare) ha deciso di assediare Hawass per e-mail, inviandogli secondo i suoi calcoli oltre un centinaio di missive. Di nuovo, niente risposta. Alla fine è partita per il Cairo e, tramite una guida che aveva lavorato per il Consiglio supremo delle antichità, è riuscita a strappare un appuntamento.

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«Lei chi è? Cosa vuole?», le ha chiesto Hawass quando nell’autunno del 2004 se l’è vista piombare in ufficio. Temendo che Hawass l’accomunasse ai matti convinti che le piramidi sono state costruite dagli alieni, la Martinez non gli ha detto subito che stava cercando Cleopatra. «Vorrei visitare dei siti non aperti al pubblico», ha risposto invece. E Hawass le ha concesso l’autorizzazione a visitare alcuni siti di Alessandria, Giza e del Cairo.

Quando nel marzo 2005 è tornata in Egitto, Martinez è andata da Hawass nella sua nuova veste di ambasciatrice della cultura della Repubblica Dominicana. Lui, ridendo, le ha risposto che era troppo giovane per fare l’ambasciatrice. Lei ha ribattuto che l’anno prima era andata a Taposiris Magna e che voleva tornarci; nel sito c’erano i resti di una chiesa copta e i dominicani erano interessati alla storia cristiana. Hawass ha acconsentito di nuovo. Dopo aver visitato il sito, Martinez ha chiesto di nuovo udienza a Hawass. «Le concedo due minuti», ha risposto lui. Era arrivato il momento di mettere le carte in tavola.

L'archeologa Martinez
L'archeologa Martinez

Così gli ha spiegato che voleva effettuare degli scavi a Taposiris. «Ho una teoria», ha detto Martinez illustrando la sua convinzione che Cleopatra fosse sepolta lì.

«Cosa?», ha esclamato Hawass saltando sulla sedia. Un gruppo di archeologi ungheresi aveva appena concluso degli scavi a Taposiris; inoltre, alcuni archeologi francesi avevano riportato alla luce terme romane proprio fuori le mura del tempio. In più, c’era il progetto di trasformare il sito in attrazione turistica. «Mi dia due mesi», gli ha detto Martinez. «Vedrà che la trovo».

Cleopatra VII era nata in Egitto ma discendeva da una stirpe di re e regine greci che governavano il paese da circa tre secoli. Quella dei Tolomei di Macedonia è una delle dinastie più eccessive in tutti i sensi, celebre non solo per ricchezza e saggezza ma anche per le sanguinose rivalità e per i turbolenti rapporti familiari caratterizzati da incesti e fratricidi.

I Tolomei salirono al potere dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno, che in una turbinosa campagna militare iniziata nel 332 a.C. travolse il Basso Egitto, spodestò gli odiati Persiani e fu salutato dagli Egizi come un liberatore divino. A Menfi, la capitale, Alessandro fu acclamato faraone e su una striscia di terra fra il Mediterraneo e il lago Mareotide progettò la fondazione di Alessandria, che per quasi un millennio sarebbe stata la nuova capitale d’Egitto.

Alla sua morte, avvenuta nel 323 a.C., l’Egitto fu consegnato a Tolomeo, uno dei generali più fidati di Alessandro, che con una brillante operazione di marketing dirottò il carro funebre che stava riportando la salma in Grecia e volle che questa fosse custodita in una tomba ad Alessandria. Tolomeo fu incoronato faraone nel 304 a.C., nell’anniversario della morte di Alessandro; fece offerte alle divinità egizie, salì al trono con un nome egizio e si fece ritrarre in abiti faraonici.

L’eredità maggiore lasciata dalla sua dinastia fu proprio la città di Alessandria, con il suo viale principale largo più di 30 metri, i colonnati di calcare lucido, i templi e i palazzi affacciati sul porto e il faro, una delle sette meraviglie del mondo antico che torreggiava sull’isola di Pharos. Presto Alessandria divenne la città più grande e raffinata del pianeta: un brulicante miscuglio cosmopolita di Egizi, Greci, Ebrei, Nubiani e altre popolazioni. Le menti più brillanti del Mediterraneo andavano a studiare al Mouseion, la prima accademia del globo, e presso la magnifica biblioteca della città.

Fu ad Alessandria che Aristarco, 1.800 anni prima della rivoluzione copernicana, ipotizzò che il Sole fosse al centro del Sistema Solare e che Eratostene calcolò la circonferenza della Terra; qui la Bibbia ebraica fu tradotta per la prima volta in greco e il poeta Sotade scoprì i limiti della licenza artistica quando imprudentemente scrisse alcuni versi scurrili sul matrimonio incestuoso di Tolomeo II con la sorella, e venne rinchiuso in una cassa rivestita di piombo e gettato in mare.

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Il talento dei Tolomei nel tessere intrighi era inferiore solo alla loro passione per il lusso. Se le descrizioni del loro primo festeggiamento dinastico, nel 280 a.C., rispondono al vero, un evento del genere oggi costerebbe milioni di euro. La parata fu un turbinio di musiche, incensi, voli di colombe, cammelli carichi di cannella, elefanti con babbucce dorate, tori con corna d’oro; tra i carri allegorici c’era un Dioniso alto 5 metri che offriva una libagione da una coppa d’oro.

Che altro potevano fare i Tolomei, raggiunte queste vette, se non discendere la china? Quando nel 51 a.C. la diciottenne Cleopatra VII ascese al trono, l’impero tolemaico si stava sgretolando; le terre di Cipro, Cirene (Libia orientale) e alcune parti della Siria erano ormai perse e le truppe romane di li a poco avrebbero addirittura presidiato Alessandria. Tuttavia, nonostante la siccità e la carestia e il successivo dilagare della guerra civile, la capitale egiziana era pur sempre una città favolosa, in confronto alla provinciale Roma. E Cleopatra era decisa a ridare slancio al proprio impero, non ostacolando il potere crescente dei Romani ma rendendosi utile presso di loro, rifornendoli di navi e granaglie e sancendo l’alleanza con il generale romano Giulio Cesare tramite il figlio Cesarione. Per non suscitare lo scontento dei sudditi con l’apertura ai Romani, Cleopatra fece proprie le tradizioni egizie. Pare che sia stata la prima sovrana della dinastia a prendersi la briga di imparare la lingua del posto. E anche se per i regnanti stranieri adottare le divinità locali e pacificare la potente casta religiosa era una mossa politica, i Tolomei erano rimasti sinceramente affascinati dall’idea egizia di una vita dopo la morte.

Da tanta fascinazione nacque una religione ibrida, greco-egizia, che trovò la massima espressione nel culto di Serapide, interpretazione greca del mito egizio cli Iside e Osiride. Questo mito fondante della religione egizia narra che Osiride, ucciso dal fratello Seth, venne da questi fatto a pezzi e disseminato in tutto l’Egitto; ma Iside, sorella e consorte di Osiride, inducendo con l’inganno il dio del sole Ra a rivelare il proprio nome segreto, ottenne dal dio il potere necessario a far rivivere Osiride per un lasso di tempo sufficiente a concepire con lui un figlio, Horus, che in seguito ne vendicò la morte assassinando lo zio Seth.

Reperti tolemaici
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Ai tempi di Cleopatra, nel Mediterraneo si stava diffondendo ormai da secoli il culto della dea Iside. Per rafforzare la propria posizione, anche Cleopatra, come già altre regine prima di lei, cercò di legare la propria identità a quella della grande Iside (e l’identità di Marco Antonio a quella di Osiride) e di farsi venerare come una dea, facendosi effigiare ad esempio in statue e ritratti nelle vesti della dea madre universale. A partire dal 37 a.C., quando Antonio restituì all’Egitto diversi territori e decretò che i figli di Cleopatra ne sarebbero stati i sovrani, la regina cominciò a realizzare l’ambito sogno di allargare l’impero, e nel 34 a.C. si presentò avvolta nelle sacre vesti di Iside a una celebrazione allestita ad Alessandria per festeggiare la vittoria di Antonio sull’Armenia. Mancavano solo quattro anni al suo suicidio e alla fine dell’impero egizio. E’ stata proprio la profonda identificazione di Cleopatra con Iside, insieme al suo ruolo di regina intesa come manifestazione della grande dea della maternità, della fertilità e della magia, che in definitiva ha condotto Kathleen Martinez a Taposiris Magna. Servendosi delle antiche descrizioni dell’Egitto redatte da Strabone, la Martinez ha abbozzato una mappa dei possibili luoghi di sepoltura della regina, si è concentrata su 21 siti legati al mito di Iside e Osiride e ha visitato tutti quelli che riusciva a trovare.

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«Sono giunta alla conclusione che la tomba segreta di Cleopatra potesse essere situata a Taposiris Magna riflettendo sul fatto che la sua morte fu un atto rituale di profondo significato religioso, compiuto secondo una cerimonia rigorosa e di grande valore spirituale», racconta. «Cleopatra trattò con Ottaviano per poter dare sepoltura a Marco Antonio in Egitto. La regina voleva essere sepolta con lui perché voleva riattuare il mito di Iside e Osiride. Il vero significato del culto di Osiride è che questo dio concede l’immortalità. Dopo la morte, gli dei avrebbero consentito a Cleopatra di vivere con Antonio in un’altra forma di esistenza e i due avrebbero trascorso insieme la vita eterna». Dopo aver studiato oltre una decina di templi, Kathleen Martinez si è diretta a ovest di Alessandria lungo la strada costiera per andare a esplorare le rovine che cominciavano a diventare la sua ultima speranza di veder confermata la sua teoria. Il tempio di Taposiris Magna si faceva risalire al regno di Tolomeo TI, ma poteva essere ancora più antico; il suffisso -osiris del nome sottintendeva che era un luogo sacro, uno degli almeno 14 luoghi sparsi in tutto l’Egitto dove la leggenda vuole che riposi il corpo di Osiride (ovvero una parte del suo corpo smembrato).

Con il Mediterraneo a sinistra e il lago Mareotide a destra, Martinez si è interrogata sulla possibilità che Cleopatra avesse seguito un percorso analogo al suo, scegliendo quella località strategica per la propria sepoltura perché si trovava entro i limiti dell’antica Alessandria e perché, in quegli ultimi giorni prima della sua morte, non era ancora passata sotto il controllo dei Romani. Esplorando il sito, ha lasciato correre le mani sui blocchi di calcare chiaro nel recinto del tempio, mentre dentro di sé ripeteva: è questo, è questo!

Nel 1935 Anthony de Cosson, viaggiatore britannico, aveva definito Taposiris Magna “il più bel monumento antico ancora esistente a nord delle piramidi”. La cosa sorprendente era che nel sito erano stati condotti pochissimi scavi. Nel 1905 il celebre archeologo italiano Evaristo Breccia aveva riportato alla luce le fondamenta di una piccola basilica copta del IV secolo d.C. nel cortile altrimenti vuoto del recinto e aveva scoperto delle terme romane. Poi, nel 1998, un’équipe ungherese diretta da Gyz Voros ha rinvenuto le tracce di una struttura colonnata all’interno del recinto concludendo (erroneamente, come si è visto poi) che si trattasse di un tempio dedicato a Iside.

Quando nel 2004 è stato pubblicato il libro di Vòròs Taposiris Magna, è apparso evidente che il tempio aveva avuto tre diverse incarnazioni: santuario tolemaico, forte romano e infine chiesa copta. Ma era davvero tutto lì? Sorprendendo se stesso, Zahi Hawass si è chiesto se il busto di granito nero di Iside che Vòròs aveva estratto dal terreno a Taposiris Magna non potesse raffigurare proprio il volto di Cleopatra. Nell’ottobre del 2005 ha dato inizio agli scavi. Oggi è facile immaginare che il panorama che si vede dal pilone di Taposiris Magna non sia così diverso da quello che si poteva ammirare ai tempi di Cleopatra; l’unico problema è riuscire a non vedere l’orrenda fila di condomini e alberghi fra l’autostrada costiera e l’ampia spiaggia di sabbia bianca lambita dal blu scintillante del Mediterraneo. un mattino di maggio assolato e molto caldo del 2010, ma Kathleen Martinez è infagottata in una camicia con le maniche lunghe, foulard e mezzi guanti di lana. «Non so perché, ma quando vengo qui ho sempre freddo», dice. I due mesi di scavi che aveva richiesto sono diventati tre mesi, e i tre mesi cinque anni.

Una serie di frammenti di colonne sul sostrato roccioso al centro del sito segnala gli spettrali contorni di quello che, secondo le conclusioni sue e di Hawass, era un tempio dedicato non a Iside bensì a Osiride. Il tempio era orientato su un asse est ovest; a nord, in diagonale, c’erano alcune vaghe tracce di una cappella dedicata a Iside; a sud era stata scavata una fossa rettangolare. «Questo era il lago sacro», spiega Martinez. L’idea che in Egitto spesso basti piantare un badile nel terreno per trovare straordinarie vestigia del lontano passato è un luogo comune. Quando nel 2005 ha cominciato a sondare il terreno con la sua équipe di operai, più che a trovare la tomba di Cleopatra, Kathleen Martinez puntava a raccogliere dati sufficienti a corroborare la teoria che Taposiris Magna potesse essere il luogo in cui cercarla; sperava di dimostrare che quello era uno dei templi dedicati al culto di Osiride e Iside più sacri dell’epoca, e che sotto le mura del recinto erano state scavate delle gallerie. Nel giro di un anno la ricerca è stata ripagata dalla scoperta di un pozzo e diverse camere e gallerie sotterranee. «Uno dei principali interrogativi è perché siano state scavate gallerie di quella grandezza», dice l’archeologa. «Doveva esserci una ragione molto seria».

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Nella stagione 2006-2007 l’équipe egiziano-dominicana ha riportato alla luce tre piccoli depositi di fondazione nell’angolo nordovest del tempio di Osiride, a qualche palmo appena dal punto in cui aveva smesso di scavare la spedizione ungherese. I depositi collegavano senza ombra di dubbio il tempio di Osiride al regno di Tolomeo W, che governò un secolo e mezzo prima di Cleopatra. Nel 2007, a ulteriore sostegno dell’importanza che il sito rivestiva per i Greci dell’antico Egitto, gli scavatori hanno rinvenuto lo scheletro di una donna morta di parto; fra le anche dello scheletro c’erano le ossa del bambino mai nato. La donna aveva la mascella spalancata, segno della sua grande sofferenza, e nella mano destra stringeva un piccolo busto di marmo bianco che raffigurava Alessandro Magno. «Questa donna è un mistero», dice Martinez.

Nel giro di sei anni, Taposiris Magna è diventato uno dei siti archeologici più attivi d’Egitto. Qui sono stati rinvenuti oltre mille reperti, 200 dei quali considerati significativi: vasi, monete, gioielli in oro, teste di statue (probabilmente infrante dai primi cristiani). Una scoperta di rilievo è stata quella di un vasto cimitero fuori delle mura del tempio, a indicare che i sudditi desideravano essere sepolti vicino alle spoglie del loro sovrano.

La metà superiore di un colosso di granito viene issata in superficie nella baia di Abukir, a nord-est di Alessandria. La scultura, alta circa 6 metri, raffigurava Hapi, il dio delle piene annuali del Nilo che fertilizzavano i campi d’Egitto. Probabilmente si ergeva davanti al tempio maggiore di Herakleion, centro commerciale, meta di pellegrinaggio e sito rituale per Cleopatra e altri faraoni tolemaici, scomparsa da secoli e oggi ritrovata sott’acqua.

Ma la tomba di Cleopatra continua a essere inafferrabile come un miraggio, e l’ipotesi sulle personalità sepolte a Taposiris Magna più che sui fatti si basa ancora soltanto su dotte congetture. Forse il regno di Cleopatra si è sgretolato troppo in fretta per consentire alla regina di costruire una tomba segreta? Chissà. Ma dal “non ancora dimostrato” al “confutato” ce ne vuole, e molto.

Chi guarda con scetticismo all’ipotesi avanzata da Kathleen Martinez sottolinea che in archeologia è raro che qualcuno, dopo aver annunciato quale scoperta si accinge a fare, scopra effettivamente ciò che si era prefisso. «Nulla dimostra che Cleopatra abbia tentato di nascondere la propria tomba», dice l’egittologo Duane Roller. «Sarebbe stato difficile nasconderla a Ottaviano, visto che fu proprio lui a seppellirla. E tutte le testimonianze indicano che Cleopatra fu sepolta assieme ai suoi antenati. il materiale legato alla regina rinvenuto a Taposiris Magna non è significativo, perché in Egitto materiali simili sono stati rinvenuti in vari siti».

«Concordo sul fatto che Ottaviano conoscesse il luogo e abbia autorizzato a farvi seppellire Cleopatra», dice Martinez. «Ma quello di cui sono convinta, anche se è solo un’ipotesi, è che una volta completata l’opera di mummificazione, i sacerdoti di Taposiris Magna abbiano sepolto le spoglie di Cleopatra e Marco Antonio altrove, in un posto segreto sotto il cortile del tempio, senza richiedere l’approvazione dei Romani».

Se mai verrà ritrovata la tomba di Cleopatra, solo la scoperta della tomba di Tutankhamon, avvenuta nel 1922 grazie a Howard Carter, potrà competere con un evento archeologico così sensazionale. Ma il ritrovamento della sua tomba, per non dire delle sue spoglie, riuscirà anche a completare il nostro ritratto dell’ultima faraona d’Egitto? E come potrebbe essere altrimenti? Da un secolo a questa parte, l’unica aggiunta alle testimonianze archeologiche di cui disponiamo è stata un ritaglio di papiro con cui nel 33 a.C. si concedeva a un cittadino romano l’esenzione dalle tasse, che secondo gli studiosi fu scritto per mano di Cleopatra.

D’altra parte, ritrovare la tomba della regina forse impoverirebbe quella che Shakespeare definì “la sua infinita varietà”. Privo di un corpo, lontano nel regno del mito, il personaggio di Cleopatra può liberamente adattarsi a seconda delle epoche, e forse la sua vitalità nasce proprio da questo. Nessun’altra figura del passato remoto ci appare così versatile nelle sue ambiguità e così moderna nelle sue contraddizioni.

È l’ora di pranzo e gli operai impegnati negli scavi si sono messi a mangiare all’ombra. Siamo seduti sul pilone del tempio, sotto il radioso sole di mezzogiorno, e guardiamo il mare. Nell’aria immobile aleggia un senso di eternità, come se qui intorno fossero presenti gli dei egizi: Ra, signore della Terra, del cielo e degli inferi, e Iside, che aveva salvato Osiride inducendo Ra con l’inganno a svelare il proprio nome segreto.

La ricerca di Cleopatra è costata non poco a Kathleen Martinez, che nell’impresa ha investito molte risorse personali. Ha preso casa ad Alessandria, ha cominciato a studiare l’arabo. Durante la rivoluzione scoppiata nelle prime settimane di quest’anno, mentre stava lavorando agli scavi, è stata affrontata in maniera violenta da un gruppo di uomini e per il momento i lavori nel sito sono sospesi. Lei spera di potervi tornare in autunno. «Sono convinta che alla fine troveremo quello che cerchiamo», dice. «Perché ora non stiamo più cercando nei libri, ma nella terra».

Statua Tolemaica del III secolo AC
Statua Tolemaica del III secolo AC
Questa statua in pietra del III secolo a. C., poco più grande del naturale e proveniente da Canopo, sfoggia una veste tipica delle regine tolemaiche. Per il legame con Iside, il nodo che ne lega i lembi viene detto spesso nodo d’Iside. Per i Tolemaici il rapporto fra Iside e Osiride, suo fratello e consorte, era un modello da seguire nelle unioni reali. Il culto di Iside rimase vivo per altri 500 anni dopo la morte di Cleopatra, sua devota seguace.

Fonte: National Geographic - luglio 2011