Il Sudan

Sudan Sudan (Repubblica del Sudan), stato dell’Africa nordorientale, confina a nord con l’Egitto, a ovest con la Libia, il Ciad e la Repubblica Centrafricana, a sud con la Repubblica democratica del Congo, l’Uganda e il Kenya, a est con l’Etiopia, l’Eritrea e il Mar Rosso. Ha una superficie di 2.505.800 km² e un’estensione costiera di 853 km. La capitale è Khartoum.

TERRITORIO DEL SUDAN

Il territorio del Sudan, il paese più vasto del continente africano, può essere suddiviso in tre regioni fisiche: a nord un’area desertica sahariana, che copre circa il 30% del paese, lascia il posto alla regione semiarida del Sahel, caratterizzata da steppe, e ai bassi rilievi nel centro del paese; a sud si estende un’ampia regione, il Sudd, occupata da paludi e foreste pluviali. I pochi altipiani si trovano lungo la costa (Red Sea Hills) e nell’area centroccidentale (monti Nubah); le vette più alte del paese sono il vulcano estinto Jabal Marrah (3.088 m), che domina la regione del Darfur nell’estremo ovest, e il Kinyeti, a sud, presso il confine ugandese (3.187 m).

Idrografia del Sudan

Con i suoi due rami che confluiscono a Khartoum, il Nilo Azzurro e il Nilo Bianco, e i loro tributari, il Nilo caratterizza in modo determinante la morfologia del paese. Il Nilo Bianco scorre dall’unione del Bahr al-Jabal con il Bahr al-Ghazal fino alla confluenza con l’altro braccio, formando così il Nilo vero e proprio. Il Nilo Azzurro, il maggiore per portata di acque, nasce nell’altopiano etiopico e attraversa la parte centrorientale del paese. Tra gli affluenti del Nilo il più importante è l’Atbara, che nasce a sua volta nell’altopiano etiopico. Gran parte del territorio sudanese consiste di una piatta pianura.

Clima del Sudan

Il Sudan ha un clima tropicale continentale, con minime variazioni sulla costa dovute all’influsso climatico del Mar Rosso. Variazioni stagionali ed escursioni giornaliere sono estreme nelle zone desertiche, con temperature invernali che possono scendere a 4,4 °C e temperature estive che superano i 43,3 °C. Tempeste di sabbia, dette haboob, si verificano di frequente nei mesi più caldi prima delle piogge. Alte temperature e bassi tassi di umidità prevalgono anche al sud e nelle pianure centrali, causando siccità e carestie che hanno flagellato il paese; nell’estremo sud il clima equatoriale comporta al contrario eccessi di umidità e precipitazioni abbondanti.

Risorse naturali del Sudan

La principale risorsa naturale del paese è rappresentata dalle acque del Nilo che rendono fertili i terreni. Vaste aree coltivabili si estendono nella regione compresa tra il Nilo e il suo affluente Atbara a est, e nella zona compresa tra il Nilo Azzurro e il Nilo Bianco, chiamata Gezira (arabo, “isola”), nel centro del paese. In quest’area, estensivamente irrigata, si coltiva principalmente il cotone. Altrettanto vaste sono anche le aree coperte da foreste di acacia, presenti soprattutto nel Sahel, da una varietà della quale si ottiene la gomma arabica. Il Sudan possiede inoltre piccoli giacimenti di minerali, tra i quali cromo, rame e minerali ferrosi. Il petrolio è stato scoperto nella regione sudoccidentale agli inizi degli anni Ottanta.

Flora e fauna del Sudan

La vegetazione, scarsa nelle aree desertiche, copre le regioni centrali e le valli fluviali con estese foreste equatoriali sui rilievi. Abbondano vari tipi di acacia, baobab, mogano, ebano e altre varietà di legname pregiato; molto diffusi sono anche il papiro, il ricino e il ficus. Le foreste occupano il 25,9% (2000) della superficie territoriale.

La fauna del Sudan abita le pianure e le regioni equatoriali, con abbondanza di mammiferi, come la giraffa, il leopardo, la gazzella; di scimmie, tra cui il babbuino; di rettili, alcuni dei quali velenosi; e di uccelli, molti dei quali trovano nel Nilo un punto di sosta nelle loro migrazioni. Un tempo nelle foreste meridionali erano diffusi gli elefanti, decimati ora dalla guerra civile. I corsi fluviali sono il regno dell’ippopotamo e del coccodrillo. La fascia equatoriale è infestata da insetti, tra cui la temibile mosca tse-tse, e nella maggior parte del territorio abbondano zanzare portatrici di malaria.

Problemi e tutela dell’ambiente sudanese

Tra i principali problemi ambientali del Sudan vi è la carenza di acqua pulita; il 69% (2002) della popolazione dispone di un rifornimento sicuro di acqua potabile. Il Sudan subisce periodiche carestie causate dalla siccità e aggravate dai numerosi conflitti civili tuttora in corso.

La popolazione del Sudan cresce a un tasso del 2,60% (2005) annuo e l’espansione degli insediamenti umani minaccia le foreste del paese. I combustibili tradizionali come la legna forniscono il 75,1% (1997) dell’approvvigionamento energetico del Sudan e la domanda di carbone di legna ha comportato l’abbattimento di molte foreste sudanesi. La deforestazione, l’eccessivo sfruttamento dei pascoli e le scarse pratiche di gestione del territorio accelerano il processo di desertificazione, mentre il Sahara invade terreno precedentemente coltivabile e coperto di boschi.

Il governo ha designato come aree protette il 4,9% (2003) del suo territorio, anche se il bracconaggio minaccia le popolazioni di animali in tutto il paese.

Il Sudan ha ratificato accordi internazionali a tutela della biodiversità, delle specie in via d’estinzione e dell’ozonosfera, e ha firmato trattati che limitano gli esperimenti nucleari. Il paese ha aderito alla Convenzione sui Siti Patrimonio dell’Umanità (World Heritage Sites) e alla Convenzione Africana sulla Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali. Il Sudan partecipa anche al Programma dell’UNESCO sull’Uomo e la Biosfera.

POPOLAZIONE DEL SUDAN

Nel 2005 la popolazione dello stato era di 40.187.486 abitanti, con una densità media di 17 unità per km². Le aree più popolate si trovano nel centro del paese dove è situata Khartoum, la capitale; altri insediamenti importanti sono distribuiti lungo le rive del Nilo Azzurro e del Nilo Bianco. La popolazione urbana è il 39% (2003) del totale. I disordini e la guerra civile hanno profondamente minato la struttura tradizionale della distribuzione etnica; molti di coloro che popolavano le aree meridionali del paese sono emigrati altrove, migliaia sono morti a causa della guerra e delle carestie, e centinaia di migliaia sono rifugiati in paesi confinanti o in accampamenti nelle regioni settentrionali.

Caratteristiche demografiche del Sudan

La popolazione del Sudan settentrionale è in prevalenza di discendenza nubiana e arabo-africana, ed è divisa in numerose tribù che parlano dialetti diversi, ma sono unite dalla comune cultura musulmana. Altri gruppi etnici al nord sono i begia, i jamala e i nuba. Nel sud predominano genti nilotiche, tra cui si annoverano i dinka, i nuer, gli shilluk e gli asandé più a est. Circa il 70% della popolazione attiva è occupato nell’agricoltura e nella pastorizia.

Lingua e religione del Sudan

Lingua ufficiale e più diffusa è l’arabo, anche se viene comunemente parlato l’inglese, oltre a numerosi idiomi indigeni. La maggioranza degli abitanti (73%) è di fede musulmana; nelle regioni meridionali vengono praticati riti animisti (17%) ed è presente una consistente minoranza di cristiani cattolici. La popolazione del nord è in prevalenza musulmana sunnita, una forma di islamismo fortemente influenzata dalle religioni tradizionali, preislamiche.

Istruzione e cultura in Sudan

L’istruzione è gratuita e obbligatoria dai 7 ai 12 anni; molti studenti nel nord del paese frequentano scuole coraniche. Il tasso di alfabetizzazione della popolazione adulta resta comunque piuttosto basso e si attesta al 63,2% (2005). Tra gli istituti universitari vi sono l’Università di Khartoum (1956) e l’Università islamica di Omdurman (1912).

DIVISIONI AMMINISTRATIVE E CITTÀ PRINCIPALI DEL SUDAN

In base a un piano di riorganizzazione del 1991, è stato istituito un sistema federale composto di nove stati, in sostituzione delle sei regioni autonome, amministrati da un governatore assistito da un gabinetto. Gli stati sono suddivisi in 66 province e 218 distretti. Nel 1994 il paese è stato nuovamente suddiviso in 26 stati con più estesi poteri legislativi ed esecutivi.

Città principale e centro commerciale è Khartoum, la capitale, che forma una conurbazione (intorno alla confluenza del Nilo) con la capitale precoloniale di Omdurman e con il centro industriale di Khartoum Nord. Altri centri importanti sono Port Sudan, principale centro portuale sul Mar Rosso; Wad Medani, maggior centro della Gezira; El-Obeid, città principale del Sudan centrale; Kassala, centro delle popolazioni beja; Atbara, importante nodo ferroviario e Kusti, attivo porto fluviale sul Nilo Bianco.

ECONOMIA DEL SUDAN

Il prodotto interno lordo del Sudan nel 2003 era di 17.793 milioni di dollari USA, pari a un PIL pro capite di 530 dollari. Nei primi anni Novanta la siccità e la guerra civile hanno gravemente minato gli sforzi di crescita economica del paese e la carestia resta una minaccia costante. Nel 1992 il governo sudanese iniziò i primi colloqui con il Fondo monetario internazionale per avviare un programma che aiutasse il Sudan a estinguere l'ingentissimo debito estero, e introdusse alcune riforme economiche.

Agricoltura del Sudan

Risorse principali del paese, l’agricoltura e la pastorizia occupano il 70% (1990) della popolazione attiva; a causa delle condizioni climatiche solo il 5% del territorio è arativo; stagionalmente vaste zone sono tenute a pascolo. I prodotti principali sono sorgo, miglio, frumento, riso, sesamo, patate, fagioli, banane, canna da zucchero e arachidi. Il cotone è coltivato soprattutto nella regione di Gezira, tra i due rami del Nilo. Ingente è il patrimonio zootecnico composto da bovini, ovini, caprini, cammelli e pollame. Il settore primario contribuisce per il 39,2% (2002) alla formazione del PIL.

Le risorse forestali forniscono in abbondanza gomma arabica, voce rilevante delle esportazioni, oltre a cera d’api, tannino, senna e legname, soprattutto mogano. La pesca viene praticata nelle acque dei fiumi e sulla costa.

Risorse minerarie e industria

Le risorse minerarie sono poco sfruttate. Vengono estratti in modeste quantità cromo, manganese, mica, oro, magnesite, salgemma e petrolio. L’industria sudanese è ancora ai primi stadi di sviluppo, in gran parte incentrata sulla trasformazione dei prodotti agricoli. Negli ultimi decenni sono sorti cotonifici, cartiere, zuccherifici, cementifici e manifatture tessili, oltre a una raffineria di petrolio. Nel 1990 occupava il 9% della forza lavoro, fornendo il 18,3% (2002) del PIL.

Commercio e finanza

Circa la metà dei proventi delle esportazioni deriva dalla vendita di fibre e semi di cotone e dei suoi derivati. Il Sudan esporta inoltre gomma arabica, arachidi e semi di sesamo, mentre vengono importati nel paese macchinari, prodotti petroliferi e tessili. Le importazioni includono macchinari, mezzi di trasporto, derivati del petrolio, prodotti industriali e tessili. Nel 2002 il valore totale delle esportazioni fu di 1.617 milioni di $ USA, a fronte di importazioni per 2.493 milioni di dollari. I maggiori partner commerciali sono l’Arabia Saudita, il Regno Unito, la Germania, il Giappone, gli Stati Uniti, l’Italia e i Paesi Bassi.

L’unità monetaria è il dinaro sudanese, che nel 1992 ha sostituito la sterlina sudanese. La banca di emissione è la Banca del Sudan, fondata nel 1960; tutti gli istituti bancari furono nazionalizzati nel 1970, ma nel 1976 alle banche straniere fu nuovamente concesso di operare. L’applicazione della legislazione islamica (shariah) dal 1° gennaio 1991 pose fine all’imposizione di interessi per le transazioni bancarie. La prima Borsa del paese fu inaugurata nel 1995.

Trasporti e vie di comunicazione del Sudan

La rete ferroviaria in Sudan è di 4.578 km e collega i centri principali. I corsi d’acqua navigabili ammontano a 4.080 km, mentre la rete stradale è di 11.900 km (solo il 36% asfaltato), anche se diventa in gran parte intransitabile nel periodo delle piogge. Un’autostrada asfaltata collega Khartoum a Port Sudan. La compagnia aerea nazionale, la Sudan Airways, è di proprietà statale ed effettua voli interni e internazionali.

Formalmente colonia anglo-egiziana dal 1899, il Sudan fu di fatto un dominion britannico fino alla sua indipendenza, proclamata il 1° gennaio 1956. Dal 1958 il paese è soggetto a regimi militari, l’ultimo dei quali si è trasformato in un governo civile di ispirazione islamica. L’ultima Costituzione risale al 1998, ma già nel dicembre 1999 è stata parzialmente sospesa con la proclamazione dello stato d’emergenza. Nelle regioni meridionali a maggioranza cristiana è da molti anni attiva una forte guerriglia, che rivendica una maggiore autonomia e l’abolizione della shariah (vedi Islam: La shariah e i riti), introdotta in tutto il paese nel 1983. Nel 2005 è stato raggiunto un accordo di pace, in seguito al quale a Khartoum si è insediato un governo provvisorio cui prendono parte membri dell’Esercito di liberazione popolare sudanese (ELPS), il più forte movimento di guerriglia del sud del paese. Il potere esecutivo è affidato a un presidente eletto a suffragio universale ogni cinque anni, che è anche capo del governo. Il potere legislativo si basa sull’Assemblea nazionale (Majlis Watani) unicamerale, composta da 360 membri, di cui 270 sono eletti a suffragio universale ogni quattro anni e 90 sono nominati direttamente da commissioni controllate dal governo.

Il sistema giudiziario si basa soprattutto sulla Shariah, con elementi di Common Law. È in vigore la pena di morte. Le libertà di espressione e di associazione politica sono fortemente limitate e l’unica forza politica legale è stata fino al 2005 il Congresso Nazionale (Al Muttamar Al Watani).

Storia del Sudan

Sede di una ricca civilizzazione neolitica, la parte settentrionale del territorio dell’odierno Sudan si sviluppò in stretto contatto con l’Egitto, dove la zona era conosciuta come Kush. La regione tra il deserto nubiano e il Nilo contiene numerosi reperti e rovine risalenti al dominio egizio, che terminò verso l’XI secolo a.C. Un secolo dopo una dinastia locale fondò uno stato autonomo con capitale a Napata. Verso il 750 a.C. il regno di Kush conquistò l’Alto Egitto, ma nel 671, sconfitto dall’esercito assiro di Asarhaddon, si ritirò a sud, prima a Napata e poi a Meroe. I romani, che chiamarono Nubia la regione, vi effettuarono in età augustea una spedizione (probabilmente punitiva) inoltrandosi fino a Napata, ma alla fine del I secolo stipularono con i cusciti un trattato di pace.

Nella seconda metà del VI secolo la regione subì la cristianizzazione promossa dall’imperatore bizantino Giustiniano e vi si svilupparono diversi stati cristiani con una struttura sociale di tipo teocratico. Rimasti isolati in seguito alla conquista araba dell’Egitto (VII secolo) e sottoposti alle incursioni islamiche, furono conquistati nel XVI secolo dai fung, una popolazione nera islamizzata; questi stabilirono nel 1504 un sultanato a Sennar, che prosperò sulla tratta degli schiavi e divenne uno dei principali centri africani di cultura islamica; le due religioni continuarono tuttavia a convivere e forte rimase la presenza cristiana.

Conflitti tra le diverse tribù indebolirono il sultanato nella seconda metà del XVIII secolo. Nel 1820-1822 la regione fu invasa dalle forze di Muhammad Alì, che fondò Khartoum alla confluenza di Nilo Azzurro e Nilo Bianco. Una vasta parte del territorio fu annessa all’Egitto ottomano con il nome di Sudan Egiziano. La dominazione egiziana si espanse in seguito a sud, favorita dai britannici, i quali intendevano stabilire il loro controllo su tutta l’area. La cattiva amministrazione e il perpetuarsi della tratta degli schiavi nel Sud causò frequenti conflitti. Tra il 1877 e il 1880 il Sudan Egiziano venne governato, per conto dell’impero ottomano, dal britannico Charles George Gordon, che tentò di abolire il commercio schiavistico.

Le dimissioni di Gordon e l’occupazione dell’Egitto da parte delle forze britanniche nel 1882 causarono una recrudescenza dei conflitti in Sudan, dove divampò la rivolta guidata da Muhammad Ahmad Abd Allah, detto Mahdi (“guidato da Allah”), che, battute le truppe anglo-egiziane, instaurò nel 1885 uno stato teocratico.

Morto il Mahdi nello stesso anno, le condizioni del paese andarono deteriorandosi sotto il governo del suo successore, il califfo Abdallah at-Taaisha. Questi continuò la guerra contro le popolazioni nilotiche del sud, annettendo i loro territori al Sudan Egiziano. Nel 1896 una forza congiunta anglo-egiziana mosse contro il califfo e nel settembre 1898, sotto il comando di Horatio Herbert Kitchener, sconfisse le truppe mahdiste a Omdurman. Nello stesso anno i francesi fecero a loro volta un tentativo di installarsi nella regione, provocando la grave crisi di Fashoda, che portò le due potenze europee sull’orlo di uno scontro diretto.

Nel 1899 il Sudan fu dichiarato un “condominio” anglo-egiziano; di fatto, il paese divenne un dominion della Gran Bretagna, che stabilì un’efficace amministrazione coloniale nel Nord, favorendone lo sviluppo soprattutto attraverso la realizzazione di opere idrauliche nella Gezira, l’area tra i due rami Bianco e Azzurro del Nilo. Più blanda fu la presenza britannica nel Sud del paese, affidato a funzionari e ai missionari cristiani, autorizzati da Londra a evangelizzare le popolazioni nilotiche. Non fu tuttavia facile per l’amministrazione coloniale britannica imporre la propria autorità sul paese. A ovest, il sultanato di Darfur conservò la propria autonomia fino al 1916, quando il sultano fu assassinato da agenti inglesi.

Dal 1922, in seguito alla conquista, per quanto formale, dell’indipendenza da parte dell’Egitto, il Nord del Sudan visse un notevole sviluppo del movimento nazionalista, all’interno del quale riemersero le divisioni già apparse alla fine del XIX secolo, tra una parte aggregatasi intorno alla confraternita religiosa Khatmiyya, favorevole all’unione con l’Egitto, e una indipendentista, legata ai seguaci del Mahdi e al partito della Umma (la “comunità musulmana”) e sostenuta da Londra in funzione antiegiziana. Nel Sud – tenuto ai margini dei mutamenti politici e sociali a causa della sua lunga compromissione con lo schiavismo – nel 1924, in reazione all’instaurazione di un governo indiretto nel Nord, esplosero rivolte che indussero i britannici a isolare ulteriormente la regione dal resto del paese, provocando forti risentimenti.

Il trattato firmato dai governi del Cairo e di Londra nel 1936 confermò, tra le altre clausole, la convenzione del 1899. Dopo la seconda guerra mondiale le due nazioni avviarono dei negoziati per la revisione del trattato, che non ebbero tuttavia alcun esito. Il governo di Londra respinse peraltro la richiesta del Cairo di ritirarsi dal Sudan.

Il 19 giugno del 1948 il governatore generale inglese in Sudan varò alcune riforme indirizzate a promuovere una forma di autogoverno nel Sudan settentrionale, prerequisito per il futuro assetto politico dell’intero paese. Nel dicembre del 1950 l’Assemblea legislativa appena eletta, dominata dagli indipendentisti, denunciò il “condominio” anglo-egiziano e chiese il ritiro delle forze britanniche. Nell’ottobre 1951 il re egiziano Faruq si proclamò unilateralmente sovrano del Sudan, ma venne rovesciato pochi mesi dopo dal colpo di stato dei Liberi Ufficiali; l’anno seguente il Sudan si vide così riconoscere il diritto all’autodeterminazione.

Nel 1953, nell’ambito di un accordo tra le autorità inglesi ed egiziane che prevedeva un periodo triennale di autogoverno, si tennero le prime elezioni nazionali, che videro l’affermazione delle due forze del Nord; tra queste, il Partito nazionalista unionista (formatosi dalla confraternita Khatmiyya), espressione dei ceti più urbanizzati e filoccidentali, prevalse sul partito Umma, radicato tra gli strati più poveri della popolazione e tra i nomadi. Tuttavia, gli unionisti assecondarono gli umori indipendentisti prevalenti tra la leadership politica di Khartoum e dal 1954 promossero la “sudanizzazione”, accentuando le differenze economiche e sociali tra il Nord arabo e musulmano e il Sud nero e cristiano. Come conseguenza, nel 1955 esplose nel Sud un primo violento conflitto, guidato dal movimento separatista Anya-Nya che rivendicava a sua volta l’autonomia da Khartoum.

L’indipendenza della Repubblica del Sudan fu dichiarata il 1° gennaio del 1956. Egitto e Gran Bretagna riconobbero immediatamente il nuovo stato e il Sudan divenne membro della Lega araba il 19 gennaio e delle Nazioni Unite il 12 novembre dello stesso anno.

Le elezioni del febbraio del 1958 registrarono la vittoria del partito Umma. Nel novembre dello stesso anno il generale Ibrahim Abbud, comandante in capo delle forze armate, prese il potere con un colpo di stato.

Nel novembre del 1964, in seguito all’esplosione di violente rivolte studentesche, il presidente Abbud si dimise e fu sostituito da un governo civile, che non modificò tuttavia le attitudini di Khartoum verso il Sud del paese. Le tensioni sfociarono, verso la metà degli anni Sessanta, in una rivolta secessionista e nell’intensificarsi della guerriglia, destinata a durare nel tempo. Nel 1967, dopo la guerra dei Sei giorni, la diplomazia sudanese si schierò risolutamente con i paesi arabi.

Il regime di Nimeiri

Nel 1969 un nuovo colpo di stato portò al potere il colonnello Gaafar Nimeiri, che instaurò una dittatura di ispirazione nasseriana. Nel 1973 una nuova Costituzione istituì la Repubblica democratica del Sudan. Inizialmente Nimeiri cercò l’appoggio dell’Unione Sovietica e della Libia, ma in seguito si avvicinò agli Stati Uniti, all’Arabia Saudita all’Egitto, che sostenne – unico paese dell’area arabo-musulmana – nelle sue trattative con Israele culminate negli accordi di Camp David (1978). Il nuovo regime lanciò una campagna repressiva contro il movimento islamista dei Fratelli musulmani e il partito Umma, e negoziò un cessate il fuoco con la guerriglia del Sud, al quale nel 1972 venne accordata una limitata autonomia. Nel 1971 un tentativo di colpo di stato diede il pretesto a Nimeiri per scagliarsi contro il Partito comunista sudanese, il più forte dell’Africa, i cui membri vennero arrestati a migliaia.

Nel 1983 Nimeiri venne rieletto per la terza volta alla guida del paese. Ormai indebolito, fu tuttavia costretto a chiedere il sostegno alle forze islamiste, alle quali concesse in cambio la riforma del sistema giudiziario e l’applicazione della shariah (vedi Islam: La shariah e i riti), provocando il malcontento del Sud cristiano; la guerriglia del Sud, riunitasi nell’Esercito di liberazione popolare sudanese (ELPS) di John Garang, riprese la lotta armata, anche per contrastare un progetto di divisione amministrativa in tre parti della regione. L’aggravarsi della crisi economica provocò violente rivolte anche nel Nord e nel 1984 venne proclamata la legge marziale. Una violenta rivolta popolare scoppiata a Khartoum nell’aprile del 1985 in seguito all’esecuzione di un religioso musulmano portò a un nuovo colpo di stato e alla caduta di Nimeiri.

Il regime di El-Bashir

Dopo un anno di transizione, Sadeq El-Mahdi, pronipote del Mahdi e leader del partito Umma, costituì un governo civile di coalizione che non riuscì ad affrontare i gravi problemi del paese né a far cessare la guerriglia. Nel giugno del 1989 l’esercito riprese il potere sotto la guida di Omar Hassan El-Bashir, che si appoggiò al Fronte nazionale islamico di Hassan El-Turabi. Sospeso il Parlamento, il regime applicò la shariah con rinnovato vigore; nel Sud si intensificò la guerriglia, che si sarebbe fermata solo nel 1995 con la proclamazione di un nuovo cessate il fuoco. Nei primi anni Novanta, alle devastazioni della guerra civile si aggiunsero i problemi generati da una pesante carestia e da un’ondata di profughi in fuga dall’Etiopia.

Nel 1993 El-Bashir sciolse la giunta militare per istituire un governo composto in parte da civili. Sul piano internazionale il regime sudanese sprofondò nell’isolamento. Al degrado delle relazioni con i paesi arabi moderati, causato dall’approvazione dell’invasione irachena del Kuwait, seguì nel 1993 l’accusa degli Stati Uniti di fomentare il terrorismo islamista. Più volte ammonito per le violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti della popolazione cristiana del Sud (dove dal 1983 il conflitto aveva causato più di un milione di vittime e quattro milioni di profughi), nel 1995, rammaricatosi per il fallito attentato al presidente egiziano Hosni Mubarak ad Addis Abeba, il regime sudanese venne accusato di complicità con gli attentatori. Nello stesso periodo il regime di Khartoum diede ospitalità al leader fondamentalista islamico Osama Bin Laden e a migliaia di suoi seguaci.

Le elezioni svoltesi nel marzo del 1996 riconfermarono al potere El-Bashir, mentre Hassan El-Turabi fu nominato presidente del Parlamento; nello stesso anno le Nazioni Unite imposero al paese sanzioni diplomatiche e chiesero la consegna dei terroristi implicati nell’attentato a Mubarak.

Nel 1997 l’opposizione, raccolta nell’Alleanza nazionale democratica, sferrò una violenta offensiva militare nel Nord del paese. Di fronte all’impossibilità di affrontare militarmente una situazione sempre più deteriorata, il regime si divise: il presidente El-Bashir si dichiarò favorevole a una trattativa con le forze di opposizione e con la guerriglia del Sud, mentre El-Turabi sostenne la continuazione dello scontro militare.

La situazione del paese rimase sostanzialmente bloccata, non essendo nessuna delle forze in campo in grado di prevalere sulle altre. Il Sudan fu inoltre coinvolto nella generale instabilità della regione orientale africana e nel 1998 intervenne militarmente nella Repubblica democratica del Congo a sostegno del regime di Laurent-Désiré Kabila. Nel 1998 El-Turabi riavviò le trattative con la guerriglia, che pervennero, nell’aprile del 1999, a una nuova tregua.

Le profonde divisioni in seno al regime condussero a un aspro scontro tra El-Bashir ed El-Turabi, che si concluse con la vittoria del primo. Sciolto il Parlamento a dicembre e proclamato lo stato d’emergenza, El-Bashir nominò un nuovo governo centrale e nuovi governatori delle regioni; prese inoltre le distanze dagli islamisti e privò El-Turabi di ogni potere. Con un’energica campagna diplomatica volta a migliorare le relazioni internazionali del paese, El-Bashir riuscì a ottenere il sostegno di diversi stati arabi e africani (tra cui l’Egitto, la Libia, l’Arabia Saudita, l’Eritrea e l’Uganda) e quello di diversi paesi dell’Unione Europea, attratti dalle ingenti risorse petrolifere del paese.

Rafforzata la posizione interna, nel 2000 El-Bashir lanciò un’ulteriore offensiva contro le opposizioni e, soprattutto, contro quella islamista di El-Turabi. Rieletto incontrastato alla presidenza del paese a dicembre, nel gennaio 2001 avviò un negoziato con l’ELPS di John Garang; in febbraio, con l’arresto di El-Turabi, fu avviata una campagna di repressione contro il movimento islamista.

Con la condanna del terrorismo pronunciata da El-Bashir dopo l’attacco subito dagli Stati Uniti l’11 settembre 2001 (vedi Stati Uniti d’America: 11 settembre 2001), il regime sudanese intensificò la sua svolta moderata. Grazie a questa presa di posizione, il Sudan ottenne la revoca delle sanzioni imposte dall’ONU nel 1996. Khartoum riavviò inoltre le relazioni con gli Stati Uniti, accogliendo in novembre il rappresentante della diplomazia di Washington. In luglio, con la mediazione delle diplomazie egiziana e libica, ripresero i negoziati tra il governo e la guerriglia dell’ELPS, che il 20 luglio 2002 sottoscrissero gli accordi di Machakos, con i quali veniva formalmente sancita la fine della guerra civile nel sud del paese. Gli accordi prevedevano un governo provvisorio, con Garang alla vicepresidenza, di sei anni, passati i quali nel sud si sarebbe svolto un referendum per l’indipendenza; l’EPLS accettava in cambio l’applicazione della legge islamica nel nord del paese.

Nel febbraio 2003 scoppiò la crisi del Darfur, dove un movimento guerrigliero si sollevò in armi contro il governo rivendicando a sua volta una maggiore autonomia. Nel gennaio 2004 il governo di Khartoum lanciò una violenta offensiva nella regione, causando estese distruzioni e decine di migliaia di morti; centinaia di migliaia di persone si rifugiarono nel Ciad per sfuggire alle violente scorrerie delle milizie arabe janjawid, che in marzo vennero accusate dall’ONU di perseguire un genocidio nella regione. Nello stesso mese, accusato di complotto contro lo stato, venne nuovamente arrestato El-Turabi, liberato solo pochi mesi prima.

Nel gennaio 2005 i rappresentanti del governo e dell’ELPS firmano un definitivo accordo di pace, che conferma sostanzialmente gli accordi di Machakos. In marzo le Nazioni Unite minacciano sanzioni al paese per i crimini commessi dalle sue truppe nel Darfur. In luglio viene liberato El-Turabi.

In agosto muore in un incidente aereo John Garang, leader dell’ELPS e nuovo vicepresidente; scoppiano violenti disordini nella capitale e in altre città del paese, che causano circa 130 vittime. A Garang succede alla guida dell’ELPS e alla vicepresidenza del paese il suo braccio destro Salva Kirr Mayardit. In settembre si insedia a Karthoum il nuovo governo; il mese successivo nel sud del paese si insedia il governo autonomo.

Enciclopedia Encarta

DA BERENICE AL NILO

articolo di Cecilia Martino - http://turismo.stile.it

Di Berenice Pancrisia, la città tutta d’oro dei Tolomei, si favoleggiò per secoli, fino a farla entrare nella leggenda e a dubitare della sua reale esistenza. Una leggenda? Sicuramente sì, ma come tutte le leggende forse con un fondo di verità.

Diverse fonti storiche, tra le quali l’autorevole Plinio il Vecchio, ci informano che gli antichi egiziani si procuravano gran parte dell’oro necessario alla loro opulenta civiltà nel Wawat, imprecisata località o regione nel deserto montuoso della Nubia sudanese situata genericamente tra il Nilo e il Mar Rosso. Peraltro la parola Nubia, che da sempre indica l’estrema regione settentrionale del Sudan, nella lingua degli antichi egizi significava oro (nbw). Gli Annali del faraone Thutmosi III, appartenente alla XVIII° dinastia del Nuovo Regno, confermano che in quel tempo (1400 a.C.) dalle miniere di quarzo aurifero del Wawat venivano estratti fino a 776 chilogrammi all’anno del prezioso metallo.

Di Berenice Pancrisia, la città tutta d’oro dei Tolomei, si favoleggiò per secoli, fino a farla entrare nella leggenda e a dubitare della sua reale esistenza, anche perché si diceva che gli afrite, gli spiritelli dispettosi suoi gelosi custodi, l’avrebbero fatta sparire dagli occhi di quanti fossero mai riusciti a vederla. Una leggenda? Sicuramente sì, ma come tutte le leggende forse con un fondo di verità.

Probabilmente il riflesso prodotto da un’intera montagna di cristalli di quarzo riusciva in effetti ad abbagliare chi vi fosse arrivato, impedendone la visuale. Berenice è stata infatti localizzata soltanto nel 1989 da una spedizione italiana guidata dai fratelli varesini e esploratori sahariani Castiglioni, basandosi sulla mappa di un geografo arabo del IX° secolo: si trova nell’alveo del wadi Allaqi, una vallata a 500 chilometri ad est del Nilo poco sotto alla latitudine di Abu Simbel e appena a sud del confine sudanese, popolata da rari pastori nomadi bisharin, gente diffidente e scontrosa che spesso non ha mai incontrato uomini bianchi. Sommarie ricerche hanno dimostrato che si tratta di un vasto insediamento capace di ospitare fino a diecimila abitanti, dominato e difeso da due imponenti roccaforti, con edifici costruiti con blocchi di granito.

Le macine, i muri crollati, gli strumenti, i cocci sembrano essere stati abbandonati appena ieri; invece... Saranno gli scavi archeologici in corso a raccontarci la storia di Berenice, la città mineraria dell’oro dei faraoni.

SUDAN, MAGIE DI DESERTO E ARCHEOLOGIA

Flaminia Giurato - http://turismo.stile.it

Lontano dalle abituali mete di viaggio, lo stato più esteso dell’Africa vanta paesaggi desertici ed antiche necropoli ancora poco conosciute, tra cui la zona archeologica di Meroe dichiarata patrimonio dell’Umanità. Approfondimenti e photogallery.

Tra gli stati che si affacciano sul Mar Rosso, oltre all’Egitto che vanta una più spiccata vocazione turistica, trova il suo spazio il Sudan, l'affascinante paese dei Nuba. Grande quasi otto volte l'Italia, è il paese più esteso del continente africano, anche se non è troppo popolato per la presenza di estese zone desertiche. Riassume in sé molte caratteristiche dell’area del Mar Rosso, con elementi di cultura a tratti tribale, a tratti araba e musulmana.

All'interno del suo territorio convivono molti gruppi etnici, come spesse volte accade in Africa, segno dell’eredità del periodo coloniale. Ciò che balza agli occhi sono le marcate differenze tra un nord arabo e musulmano e un sud prevalentemente composto da popolazioni nere, alcune cristiane e altre che seguono religioni locali. Al di là delle caratteristiche più marcatamente socio politiche, il Sudan è una terra ricca di paesaggi affascinanti, che gode di un clima mite ed offre splendide coste ormai diventate famosissime in tutto il mondo dei subacquei.

Il Sudan è in grado di offrire ai visitatori dotati di un discreto spirito di adattamento grandi spazi e siti archeologici poco noti, ma di bellezza incomparabile. Nel deserto è possibile lasciarsi avvolgere completamente da un paesaggio sconfinato, a volte crudele, in parte inesplorato, con qualche ciuffo d'erba, qualche cespuglio ingiallito dal sole, qualche piccolo rettile, i dromedari che corrono all’orizzonte: questo per assaporare un ambiente quasi lunare, nel quale l'occhio si perde nell’orizzonte.

Ma anche la storia ha fatto la sua parte: infatti ci sono interessanti resti di antiche necropoli, come quelli di Kerma, una località della Nubia, vale a dire la parte settentrionale del Sudan. Kerma è stata sede di una cultura neolitica attestata da un campo di sepolture che risalgono al 7500 a.C., ed è quindi uno delle zone archeologiche più antiche dell’Africa. A 200 km dalla capitale Khartoum si trova invece il sito di Meroe, quella che un tempo era una città reale: caratterizzata da una ventina di piramidi della necropoli, è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità.

A Naga si trova il sito archeologico meglio conservato della civiltà meroitica: due templi, tra cui quello di Apedemak, il dio leone, e un piccolo chiosco colpiscono per la bellezza delle decorazioni a rilievo. Nella vicina Musawwarat, in una bella vallata circondata da colline, si trova il sito più sorprendente ed enigmatico della Nubia sudanese: il Grande Recinto. Anche se non si sa molto sulla sua costruzione dovrebbe trattarsi di un tempio dedicato al dio elefante, dato che il pachiderma è raffigurato nelle più svariate dimensioni ovunque, su pareti e colonne.

KHARTOUM: ALL'INCROCIO DEI FIUMI

articolo di Federico Geremei - http://turismo.stile.it Sull'isola di Tuti si sviluppa Khartoum, la capitale del Sudan, il paese più grande d'Africa. Metropoli e mega-villaggio allo stesso tempo: una città con una storia relativamente recente ma travagliata come poche.

Le acque del Nilo Azzurro scendono veloci dagli altopiani etiopi, mentre quelle del Nilo Bianco arrivano con fatica da Sud, attraversando un torrido percorso che ha inizio nel cuore dell'Africa, all'altezza dell'equatore. E il magico incontro avviene qui, sull'isola di Tuti. Intorno ad essa si sviluppa Khartoum, la capitale del Sudan, il paese più grande d'Africa. Metropoli e mega-villaggio allo stesso tempo: una città con una storia relativamente recente ma travagliata come poche.

I colori di Kartoum, il cui nome significa "proboscide", sono il marrone, il bianco e il blu: marroni gli edifici, bianchi i vestiti della gente e blu-cobalto il cielo che schiaccia questa città che non conosce l'ombra delle nuvole. L'arteria principale di Khartoum è la "Sharìa al Nil" (viale del Nilo): una strada che corre parallela all'ultimo tratto del Nilo Azzurro, prima che il fiume pieghi a Nord nella sua ostinata corsa verso il mediterraneo. Di giorno la brezza che si può godere passeggiando lungo i marciapiedi della Sharìa è piacevolissima: tra gli imponenti alberi si scorge il fiume che scorre placido, qualche feluca solitaria che resiste alle onde provocate dalle imbarcazioni più grosse. Sul lato sinistro della strada gli edifici più belli della capitale: antichi alberghi coloniali e il Palazzo del Popolo, ora sede del presidente.

L'impeccabile uniforme delle guardie d'onore e i gradini immacolati che si possono ammirare adesso contrastano con quello che è stato uno degli episodi più cruenti dell'imbarazzante presenza coloniale britannica: dopo una marcia eroica dalle regioni deserte del Nord del paese, un'orda agguerrita di ribelli giunge a Khartoum. A guidarli è il Mahdi, il messia: una figura leggendaria, capace di raccogliere intorno a sé un esercito di disperati che s'ingrossa giorno dopo giorno, deciso a scacciare gli inglesi dalla propria terra. L'assedio alla città è estenuante ma alla fine, facendosi largo tra i cadaveri dei caduti, un fedele del Mahdi arriva alla residenza di Gordon. Si dice che questi aspettasse la morte con la calma degli eroi, in perfetta uniforme bianca. Dopo l'uccisione, l'umiliazione: la testa del generale viene portata all'accampamento del Mahdi, appena fuori della città. E' il 28 gennaio 1885, due giorni dopo arriveranno i rinforzi inglesi. (In "Khartoum", del 1966, Charlton Heston si cimenta nell'impresa di far rivivere quelle vicende).

Ora il Mahdi riposa sotto la gigantesca cupola argentata della sua tomba-mausoleo a Omdurman, enorme sobborgo della capitale: si tratta di un edificio più importante come meta di pellegrinaggio che per le caratteristiche costruttive. E poi l'ingresso, in teoria, non è consentito ai non mussulmani. A pochi metri vale invece la pena di trascorrere un paio d'ore presso la "Khalifa House": un eclettico museo ricco di reperti originali e articolato lungo le diverse stanze, quasi intatte, dell'ex-residenza di Khalifa, il successore del Mahdi.

I numerosi mercati ("suk") di Khartoum sono un trionfo di colori, odori e rumori. Il più grande si trova a Omdurman: da visitare assolutamente la zona in cui si vende la carne. Un'enorme struttura coperta all'interno della quale sono disposte centinaia di banconi con le loro carni appese. I fumi d'incenso, le tuniche bianche e le lame insanguinate nella penombra sono una visione indimenticabile: emblema della prepotenza con cui l'Africa penetra come una malattia inesorabile in chi viaggia da queste parti. Poco lontano è la zona degli artigiani che lavorano le selle per i dromedari. E se siete fortunati vi potete imbattere in qualche venditore ambulante di libri: per poche centinaia di lire ci si allontana con una stampa inglese di cento anni fa sotto braccio! Prima di andare via ristoratevi con una scodella di "full" (zuppa di fave), il piatto nazionale sudanese. Una delle zone più interessanti della città è il quartiere universitario. Qui, tra l'altro, si trova il Museo di Storia Naturale: è un curioso zoo (qualche animale è vivo, ma per la maggior parte sono impagliati) con una formidabile sezione di uccelli provenienti da tutta l'Africa sub-sahariana.

Un non-luogo affascinante è l'Acropole Hotel El (Zubair Pasha avenue. fax 772860), in centro: dall'esterno sembra una casa in rovina ma dentro si apre un mondo incredibile. Dall'Acropole partivano le spedizioni dei fratelli Castiglioni alla ricerca di Berenice, la città d'oro. E qui, tra mappe ingiallite dal sole e invecchiate dalla sabbia, si incontrano personaggi d'altri tempi. Lungo le rive del Nilo, vicino al Palazzo del popolo, una sosta al Khartoum Yacht Club è un tuffo nel passato: una nave inglese, giunta fino qui smontata pezzo per pezzo a dorso di dromedario e poi riassemblata, è oggi gelosamente adagiata sul prato verde in riva al fiume. Si possono ancora leggere i nomi dei vincitori delle regate organizzate periodicamente dal club e, bevendo una bibita (rigorosamente analcolica), domandarsi che senso avesse sacrificare vite umane e risorse per invadere un paese così lontano.

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