La finanza islamica - La finanza islamica 2

Indice articoli

“La finanza islamica evita anche altre pratiche proibite..I banchieri che osservano la Shariah non possono ricevere o fornire fondi che abbiano a che fare con alcol, gioco, pornografia, tabacco, armi o maiali. I sostenitori delle banche islamiche dicono che questi sono limiti che un investitore con coscienza sociale può sostenere, musulmano o no. Un altro fattore d’interesse consiste nella proibizione degli interessi, che proviene dalla proibizione dell’usura da parte del Corano. “È una visione che ha una lunga tradizione storica e religiosa. Gli interessi sono ripetutamente condannati nella Bibbia. Aristotele li denunciò, i romani li limitarono, e la prima chiesa cristiana li proibiva..

“L’idea che tutte le spese legate agli interessi siano ingiuste è ora alla base della finanza islamica...L’accumulo di denaro non è ben visto nel Corano, così i risparmi non producono profitto a meno che vengano usati per qualcosa di produttivo.

“ ‘Il denaro dovrebbe essere usato per creare valore nel paese o nell’economia’ dice Maraj. ‘I soldi non possono generare soldi’. “Né le banche islamiche possono semplicemente vendere denaro. ‘Nel modello finanziario islamico, le banche dovrebbero muovere i fondi tramite un concetto di gestione degli stessi’ sostiene Rafe Haneef, capo del sistema bancario islamico in Asia per Citigroup. “In effetti il sistema bancario islamico dovrebbe funzionare più come un accordo equo tra privati e non come capita nei classici sistemi bancari. Haneef sostiene che ‘l’equità tra privati è un principio islamico’. “I sostenitori del settore dicono che il requisito di condivisione del rischio aiuta a ridurre il genere di abusi che ha portato al disastro dei mutui subprime negli Stati Uniti. Gli studiosi non considerano islamica l’idea di oberare i clienti di debiti o investire in aziende con eccessivi debiti”.

L’articolo del Washington Post ‘Islamic Banking: Steady in Shaky Times’, ottobre 2008, sosteneva che “Mentre i grandi istituti finanziari occidentali traballano per la crisi che si sta verificando da qualche settimana, un altro settore finanziario sta acquistando spessore: il sistema bancario islamico. I sostenitori dell’antica pratica, basata sulla guida della sharia che proibisce gli interessi e fare affari coi debiti, stanno promuovendo la finanza islamica come cura contro il collasso finanziario globale.

“Questa settimana il ministro del commercio del Kuwait, Agmad Baqer, ha affermato che la crisi globale porterà più paesi ad adottare i principi islamici nella gestione delle loro economie. Il segretario del Tesoro americano, Robert M. Kimmet in visita a Gedda ha dichiarato che gli esperti del suo dipartimento stavano studiando le caratteristiche del sistema bancario islamico.

Sebbene il sistema islamico da mille miliardi di dollari stia affrontando difficoltà dovute al crollo dei prezzi degli immobili e delle azioni, i suoi sostenitori affermano che il sistema ha una protezione intrinseca dal tipo di collasso che ha colpito così tanti istituti. Perché l’uso di strumenti finanziari come i derivati, accusati di essere responsabili della caduta dei giganti dei sistemi bancari, assicurativi e d’investimento, è proibito. Così come il rischio eccessivo.

“ ‘Il bello del sistema bancario islamico e il motivo per cui può essere usato come sostituto dell’attuale mercato è il fatto che si promette solo ciò che si possiede [ contrariamente al sistema di riserva frazionaria della banche occidentali]. Le banche islamiche non sono protette se l’economia è in declino, soffrono ma non lasciano nessuno in panne’ sostiene Majed al-Refaie, che dirige la Unicorn Investment Bank con sede nel Bahrain.

“Il principio teologico dietro il sistema bancario islamico è una legge sacra che dichiara che l’accumulo di interessi è una forma di usura, la quale è proibita nell’Islam. Nel mondo moderno questo si traduce in un approccio nei confronti del denaro diverso da quello occidentale: i soldi non possono stare fermi e generare altri soldi. Per crescere devono essere investiti in attività produttive.

“ ‘Nella finanza islamica non puoi ricavare denaro dal nulla’, sostiene Amr al-Faisal, membro del consiglio di amministrazione di Dar al-Mal al-Islami, una holding che possiede diverse banche islamiche e istituti finanziari. ‘I nostri affari devono essere legati a un’attività economica reale, come un bene o servizio. Non si può ricavare denaro dal solo denaro. È necessario avere un edificio che è stato concretamente acquistato, aver reso un servizio, o aver venduto un bene’.

I banchieri di questo sistema islamico assimilano i correntisti a partner – il loro denaro viene investito e loro condividono i profitti o, nel caso, le perdite. (Nelle interviste fatte, i banchieri non sono riusciti a rammentare casi in cui i depositanti avessero perso denaro; a loro dire, questo dimostra che le banche usano quei fondi solo in investimenti a basso rischio)”. È facile capire perché i Rothschild e loro soci delle banche occidentali convenzionali sarebbero minacciati dalla competizione di un più conveniente e conservatore sistema bancario islamico.

Verso la fine del 2008, il ministro delle finanze francese, Christine Lagarde, ha annunciato l’intenzione della Francia di far diventare Parigi ‘la capitale della finanza islamica’ e ha aggiunto che diverse banche islamiche avrebbero aperto filiali nella capitale francese nel 2009. Fonti francesi stimano che quest’area di mercato finanziario può valere dai 500 ai 600 miliardi di dollari e potrebbe crescere mediamente dell’11 percento annuale. John Sandwick, amministratore delegato della Encore Management, società di asset management svizzera, ha descritto l’apertura di diverse banche islamiche in Svizzera come ‘la corsa al controllo del primo premio che oggi vale centinaia di miliardi ma nel futuro varrà migliaia di miliardi di dollari di ricchezza islamica.”

“Secondo Standard and Poor’s, gli investimenti del sistema bancario islamico sono stati di circa 400 miliardi di dollari in tutto il mondo nel 2009. A novembre del 2010, The Banker ha pubblicato la sua più recente autorevole lista dei 500 migliori istituti finanziari islamici con l’Iran in testa.” (iStockAnalyst, 8 febbraio 2011)

L’International Business Times, nel commentare l’apertura della Zitouna (Islamic) Bank lo scorso 28 maggio, ha riferito che “il Nord Africa ha iniziato ad abbracciare la finanza islamica dopo essere rimasto per anni a guardare in disparte, in parte per incanalare più petrodollari del golfo arabo verso la regione...la Tunisia ha una delle economie più aperte della regione e attrae investimenti sostanziosi dalla UE, trend che dovrebbe essere accelerato nel 2014 cioè quando, secondo il governo, il dinar tunisino sarà pienamente convertibile”. Il Global Islamic Finance News ha riportato il 31 maggio scorso che “la Zitouna Bank cerca di creare anche una dimensione regionale nelle sue attività, in particolare nel Maghreb, quanto più possibile così da poter diventare la prima banca specializzata che non appartiene a gruppi bancari stranieri... La banca inoltre cercherà di costruire profondi rapporti con le banche del Maghreb e mediterranee per garantire il flusso necessario per le operazioni finanziarie dei propri clienti. I dirigenti della banca hanno rimarcato il fatto che l’istituto finanziario ha stabilito rapporti con 12 banche islamiche in collaborazione con l’istituto delle banche islamiche nel Bahrain. La formazione della Zitouna bank era stata annunciata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Tunisina il 10 settembre 2009. Tunisia e Marocco hanno autorizzato la finanza islamica nel 2007, in parte per incanalare più investimenti verso i settori a veloce crescita del turismo e immobiliare. La Zitouna Bank di El Materi, data la sua parentela con Ben Ali, si stava espandendo in Tunisia a livelli di monopolio. El Materi ha costruito un potente impero affaristico: ha operato nel settore delle news e dei media, nei sistemi bancari e servizi finanziari, settore dell’automobile, navigazione e crociere, immobili e agricoltura, industria farmaceutica e lo scorso 22 novembre ha acquistato il 50% delle partecipazioni in Orascom Telecom per 0,2 miliardi di dollari. L’appena inaugurato Tunis Financial Harbour è stato sul punto di diventare il centro della finanza regionale del Nord Africa e, con la sua posizione strategica nel mar Mediterraneo, di diventare un pontre tra la UE e le crescenti economie nord africane e dell’Africa subsahariana. Il 20 gennaio 2011, la Zitouna Bank, prima banca islamica della Tunisia è stata confiscata dalla Banca Centrale della Tunisia, dei Rothschild. La banca di proprietà di Sakher El Materi, genero trentenne del deposto leader tunisino Zine El Abidine Ben Ali è stata posta sotto “il controllo” della banca centrale. Materi si trova ora a Dubai. La mossa è stata fatta il giorno dopo l’arresto di 33 persone legate a Ben Ali per crimini contro la nazione. La televisione di stato ha mostrato il materiale sequestrato consistente in oro e gioielli. Anche la Svizzera ha congelato i beni della famiglia di Ben Ali.

Il seguente sembra uno scenario tratto dal film La vita è meravigliosa diretto da Frank Capra nel 1946, dove Il Vecchio Potter (Rothschild) preleva i tradizionali risparmi e prestiti di Harry Bailey( Banca islamica): I prodotti delle banche islamiche (halal) non sono penetrati in modo significativo nel Nord Africa, tranne che in Egitto. “...Ci sono diverse banche islamiche che operano in Egitto: Faisal Islamic Bank, Al Baraka Egypt (Al Ahram Bank) e Abu Dhabi Islamic Bank NBD . . .Ci possono essere anche altre” sostiene Blake Goud, esperto in finanza islamica (The Review – Middle East, 31 Gennaio 2011)”... e i rischi di una corsa allo sportello nella banca dovrebbe preoccupare chi ha interesse nel sistema bancario islamico nel mondo perché potrebbe essere un test sulla resistenza delle banche islamiche alla crisi. “Ciò che si vuol dire è che la situazione egiziana, che potrebbe costituire una splendida opportunità per il popolo egiziano, potrebbe mostrare una debolezza all’interno del sistema bancario islamico se dovesse dimostrarsi problematica. Il rischio maggiore per ogni banca è che con la corsa agli sportelli la banca non possa affrontare i prelievi dei correntisti con i liquidi presenti in banca in quel momento. Questo porta la banca a trovare liquidi in altri modi. Nella maggior parte dei casi può ottenere un prestito interbancario da un’altra banca che le permette di affrontare i prelievi. Se altre banche dovessero esitare a prestare il denaro per l’incertezza sulla qualità dell’asset, allora la banca dovrà ricorrere al deposito interbancario della banca centrale, che effettua il deposito come ultima risorsa. “La chiave delle banche islamiche è che esse non possono avvantaggiarsi del mercato dei depositi interbancari, né possono ottenere prestiti o effettuarli alla banca centrale (enfasi aggiunta) perché quei prestiti prevedono interessi. L’unica alternativa è quella di trovare altre banche (in genere islamiche) disposte a estendere il principio della Sharia ai prestiti bilaterali, spesso ricorrendo al Murabaha. In un paese come l’Egitto dove il settore bancario islamico è una piccola parte dell’intero sistema bancario, esso non crea un rischio sistemico se le banche dovessero fallire, ma lo creerebbe ai correntisti delle altre banche islamiche del paese e a livello globale. Se dovesse succedere che il rischio della corsa agli sportelli in una banca islamica non può essere fermato da qualcuno, che sia una banca straniera, una multilaterale come l’Islamic Development Bank o la banca centrale egiziana (attraverso misure di emergenza), allora la fiducia nelle banche islamiche potrebbe subire conseguenze. “Se nessuna di queste opzioni è attuabile, la banca dovrà cercare i fondi vendendo suoi asset, molti dei quali (prestiti) sono caratterizzati da illiquidità nel breve termine. Dovrà allora perdere nella vendita per ottenere la liquidità necessaria per coprire i prelievi. Se questa situazione continua e la banca vende parecchi asset scontati, il bilancio della banca sarà negativo (il valore delle attività meno quelli della passività) e diventerà insolvente (solo dopo la fase dell’illiquidità). Questo è il pericolo fondamentale del sistema bancario da una prospettiva di stabilità finanziaria. Se molte banche si trovano davanti a una corsa agli sportelli e devono vendere gli asset, la corsa potrebbe diventare incontrollabile e contagiosa. Anche una banca solida davanti a una corsa agli sportelli può diventare insolvente. “La perdita della fiducia non è solo un colpo alla reputazione e all’ego dei banchieri islamici. Essa renderebbe più difficile la capacità delle banche islamiche di attirare e ritenere correntisti e potrebbe innalzare i costi per attirare correntisti. Questo potrebbe rendere la banca, alle stesse condizioni, meno redditizia (essa trae profitto dalla forbice tra il ritorno sui fondi investiti e il costo dei fondi prestati dai correntisti). Minore rendimento significa minor capacità di attrarregli investitori per le banche islamiche perché si limitano le possibilità di incremento del capitale attraverso offerta di azioni ( o almeno di incremento della diluizione con gli azionisti). E diminuisce la disponibilità di integrazione del capitale così come dei dividendi con gli azionisti.

“Quindi, è importante che le banche islamiche in Egitto riescano a superare la corsa agli sportelli semmai dovesse verificarsi così come si vocifera, non solo per quegli azionisti delle banche ma anche per il settore delle banche islamiche.”

Al contrario, Bloomberg sostiene che “le banche egiziane potrebbero dover affrontare i prelievi dei clienti all’apertura delle operazioni, diventando tra le imprese più colpite dal sollevamento nazionale contro il presidente Hosni Mubarak. ...Il governatore della banca centrale Farouk El-Okdah ha riferito in un’intervista telefonica lo scorso 29 gennaio che la sua banca ha una riserva di 36 miliardi di dollari, sufficienti per soddisfare i clienti casomai dovessero decidere di ritirare i propri fondi. Il suo vice, Hisham Ramez, ha affermato che il deposito interbancario “funzionerà correttamente” quando le banche saranno riaperte. Ha aggiunto che sarà la situazione della sicurezza a determinare la data.

“Mohamed Barakat, presidente della banca statale Banque Misr e capo dell’associazione bancaria nazionale, ha detto in un’intervista telefonica, con riferimento ai rischi della corsa agli sportelli, che “i prestatori egiziani sono ‘parecchio liquidi’ ”, con un rapporto di prestito-deposito del 53%. [...] “Il tasso interbancario egiziano offerto, cioè il tasso che le banche chiedono per prestarsi denaro reciprocamente, è di 16 mesi all’8,5%”.

Gli scopi: sponsorizzare gli attivisti per la democrazia - Queste rivoluzioni dei Rothschild sono operate con la pretesa di portare democrazia e di deporre i despoti, ma il vero obiettivo è quello di creare un caos iniziale e il vuoto di leadership, quindi di offrire velocemente la soluzione: istaurare un burattino che farà gli interessi economici dei Rothschild. Il cittadino guadagna la libertà di espressione e di associazione ma viene asservito sotto l’aspetto economico.

Queste rivoluzioni sono molto probabilmente coordinate ai livelli più alti dal Rothschild International Crisis Group. Mohamed ElBaradei è stato già preparato a fare il leader in Egitto. ElBaradei è un fiduciario dell’International Crisis Group. Un altro consigliere di questo gruppo è Zbigniew Brzezinski. George Soros siede nel comitato esecutivo. Gli ultimi due sono personaggi onnipresenti per conto dei Rothschild. Le rivoluzioni appartengono allo stesso programma politico delle ‘rivoluzioni colorate’ non violente. Queste rivoluzioni hanno avuto successo in Serbia (in particolar modo la rivoluzione dei Bulldozer del 2000), in Georgia con la Rivoluzione rosa del 2003, nella rivoluzione arancia Ucraina del 2004 nella rivoluzione dei cedri nel Libano e (sebbene più violenta delle precedenti) nella rivoluzione dei Tulipani del Kyrgyzstan nel 2005, e nella rivoluzione dei gelsomini in Tunisia. La rivoluzione verde iraniana del 2009 non ha avuto successo. Il miliardario liberale George Soros ha finanziato la preparazione di attivisti nel Nord Africa Il Guardian ha riportato il 26 novembre 2006 i nomi di chi era “direttamente coinvolto” nell’organizzazione delle rivoluzioni dei colori: la Open Society Foundation di George Soros, il National Endowment for Democracy (NED), l’International Republican Institute e la Freedom House. Anche il Washington Post e il New York Times hanno parlato di un sostanziale coinvolgimento dell’occidente in alcuni di questi eventi. Gli attivisti di Otpor in Serbia hanno dichiarato che le pubblicazioni e la formazione che hanno ricevuto dall’Albert Einstein Institution con sede negli Stati Uniti erano state strumentali al disegno delle loro strategie. L’Albert Einstein Institution è fondato dalla Soros Foundation e dal NED. (Wikipedia) Il Globe &Mail nell’articolo ‘Rivolta della Georgia porta il marchio di Soros, del 26 novembre 2003, ha scritto che “[l’Open Society Institute di Soros] ha inviato un attivista di 31 anni di Tbilisi di nome Giga Bokeria, in Serbia per farlo incontrare con i membri del movimento Otpor (Resistenza) per imparare come sono state usate le manifestazioni per strada per abbattere il dittatore Slobodan Milosevic. Allora, durante l’estate, la fondazione di Soros pagò un viaggio di andata e ritorno agli attivisti di Otpor verso la Georgia, che hanno tenuto un corso di tre giorni insegnando a più di mille studenti come inscenare una rivoluzione pacifica”. Attivisti egiziani indossano magliette di Otpor. Otpor è stata creata da Soros in Serbia e ha formato gli attivisti delle altre rivoluzioni colorate Molti manifestanti nelle strade in Egitto indossavano le magliette di Otpor. E Otpor le consegna durante le sedute di formazione. Questo per far notare che potrebbe esserci un legame tra Soros e i manifestanti tunisini. Nel 2007-2008 la Freedom House [fondata da Soros e dal Middle Eastern Partnership Initiative (MEPI)] ha diretto il seguente programma: “New Generation of Advocates, un programma finanziato dal MEPI che sostiene gli attivisti giovani della società civile che operano per il cambio politico pacifico nel Medioriente e Nord Africa, ha promosso la campagna ‘Avvocati contro la corruzione’ in Tunisia”(dal sito di Freedom House). Il gruppo di “giornalisti, avvocati e altri attivisti che sostengono le riforme democratiche” hanno incontrato il segretario di stato Condoleeza Rice, in viaggio da Washington in occasione dell’International Human Rights Day, il 10 dicembre 2008. A maggio del 2009, il segretario di stato Hillary Clinton ha incontrato il gruppo di attivisti/dissidenti. Freedom House ha scritto sul proprio sito che il gruppo ha anche incontrato “rappresentanti del governo americano, membri del congresso, organi d’informazione e i think tank...Al ritorno in Egitto, i componenti hanno ricevuto piccole parcelle per avviare iniziative su come sostenere le riforme politiche attraverso Facebook e messaggi SMS”. (enfasi aggiunta) Ancora dal sito di Freedom House: “Dal 27 febbraio al 13 marzo 2010, Freedom House ha ospitato 11 bloggers dal Medioriente e Nord Africa per un Tour di studi avanzati dei nuovi media a Washington, D.C.”. Nel 2010, l’Open Society Institute di Soros ha finanziato un progetto chiamato “ La democrazia può essere suggerita? La promessa dei Media di partecipazione in Africa” descritto nel sito dell’OSI “...Etiopia ed Egitto sono stati l’obiettivo del programma di ricerca; il finanziamento dell’OSI permetterà la diffusione dei progetti in Uganda, Zimbabwe, Tunisia, Eritrea e Rwanda...si spera che possa aiutare a comprendere i nuovi media in Africa e la loro relazione con i processi di democratizzazione. L’obiettivo è anche fare in modo che gli studi possano essere materiale utile per ricerche future”.