sogni I più antichi insediamenti egiziani sorsero lungo il limite della valle, sulle pendici del deserto, nella zona dove non arrivavano le annuali inondazioni del Nilo. La storia dell’Egitto nasce dalla somma di due mondi completamente diversi ma complementari fra loro. Fin dall’inizio di questa civiltà si distinsero due differenti aree e civiltà, il delta del Nilo e la valle.

L’alto Egitto, cioè la valle, uno stretto corridoio fra due catene montuose scavato da un immenso fiume ed il basso Egitto, la zona che dalla valle si apre sul delta del Nilo.

L’insediamento di Maadi:

Poco meno di 70 anni fa Maadi era un semplice villaggio a pochi km a sud del Cairo, un’area che era stata scelta per costruire lussuosi quartieri residenziali per facoltosi Europei, fu proprio il ricco geologo inglese W.P.Hume che trovò, nella zona desertica ad est della città, alcuni oggetti di selce lavorata.

Iniziarono così, nel 1925, numerose campagne di scavi nella zona ad est di Maadi una delle più importanti fu quella intrapresa dall’Università del Cairo sotto la direzione di Oswald Menghin, Mustafa Amer e Sami Gabra.

Gli scavi proseguirono fino al 1947 ad intervalli più o meno regolari e furono ripresi nel 1976 dal progetto congiunto dell’Università del Cairo e di Roma quest’ultima sostituita dall’Istituto archeologico della Germania nel 1984.

Anche se in modo discontinuo, Maadi è uno dei siti preistorici più scavati in Egitto ma allo stesso tempo risulta essere quello di cui abbiamo meno notizie infatti solo alcune relazioni furono pubblicate dopo i primi scavi mentre poche informazioni sono state rese note per tutte le numerose campagne successive.

Maadi è uno dei siti preistorici più complessi basti pensare che solo i reperti ritrovati in superficie si estendono per più di 100.000 m², le campagne di scavi hanno portato alla luce molti reperti archeologici che permettono di capire il tipo di abitazione di questo insediamento. Forse per facilitare alcuni scambi commerciali gli abitanti di Maadi scelsero di costruire la città sullo sbocco di due wadi, Wadi Digla e Wadi el-Tih.

In questo insediamento sono state trovate due tipologie di abitazione, per la prima gli archeologi trovarono alcuni fori per pali che delimitavano uno spazio ovale o quadrangolare, il secondo tipo sembra fossero semplici rifugi scavati nella roccia fino ad una profondità di due metri.

Nella parte sud della città è stata scoperta la necropoli che consiste in semplicissime tombe di forma ovale scavate nella roccia con un corredo funebre povero di oggetti. Al contrario della necropoli, i magazzini archeologici sono pieni di materiale proveniente dall’insediamento come vasi di ceramica e pietra, oggetti in osso e conchiglia come braccialetti e pettini oltre ad ossa di animale che mostrano come gli abitanti di questo centro furono impegnati sia in attività agricole che di allevamento.

Gli studiosi hanno studiato la produzione della ceramica di questo insediamento evidenziando similitudini con prodotti provenienti dalla Palestina, la vicinanza della popolazione di Maadi con i popoli del vicino oriente sembra essere confermata anche dal ritrovamento di alcuni oggetti in rame ed in altri metalli, i cui minerali provenivano presumibilmente da antichi traffici commerciali con la Palestina attraverso il Sinai.


Insediamento di el-Omari a Helwan:

Helwan è oggi un sobborgo industriale a 25 km a sud del Cairo. Fino agli anni ottanta era una piccola e tranquilla città scelta come sede per l’osservatorio astronomico del Cairo e grazie al suo clima mite ed alla presenza di alcune sorgenti sulfuree era anche un apprezzato centro di villeggiatura per gli abitanti della capitale egiziana.

Amin el-Omari, un giovane geologo nativo di Helwan appassionato di studi archeologici, scoprì nel 1924 un sito archeologico preistorico a nord di Helwan ed insieme a Paul Bovier-Lapierre, un sacerdote appassionato di preistoria, iniziò gli scavi.

Purtroppo Omari non ebbe il tempo di iniziare i lavori poiché fu stroncato da una malattia improvvisa, Bovier-Lapierre nel 1925 decise di intraprendere lo scavo del sito cui dette il nome del giovane amico defunto.

Bovier seguì gli scavi solo per pochi mesi che furono ripresi da Fernand Debono nel 1943 per conto del Service des Antiquités de l’Egypte , purtroppo la campagna di scavi proseguì ad intervalli irregolari, il lavoro non continuò regolarmente ed il Debono, tranne brevissimi rapporti, non pubblicò mai una relazione sugli scavi ad el-Omari.

L’interesse principale di el-Omari risiede nella sua composizione urbana costituita da tre nuclei principali che si affacciano sul Wadi Hof , struttura urbana simile agli insediamenti di Merimda e Maadi. L’insediamento ha restituito attrezzi per la mietitura (falci), attrezzi per lavorare il legno , asce, conchiglie utilizzate come utensili (cucchiai), sementi di cereali e reperti ossei che confermano la presenza di animali domestici.

Le abitazioni di el-Omari erano di forma circolare ed in parte scavate nella roccia con pareti foderate di stuoie mentre le sepolture, come quelle di Maadi, non erano ricche di corredi funebri ridotti di solito ad un vaso posto accanto alla salma avvolta in pelle di animale.

La scoperta di una particolare sepoltura suscitò curiosità ed interesse infatti la tomba conteneva la salma di un uomo che reggeva in una mano un bastone di legno ricurvo, questo oggetto portò gli studiosi a pensare che si trattasse della sepoltura di un capo locale forse un’anticipazione dei futuri faraoni.


Merimda:

Nel 1927 Albert Rothbart , un ricco statunitense, su commissione dell’Accademia delle Scienze di Vienna decise di finanziare una spedizione archeologica nella parte sud-occidentale del delta del Nilo per individuare siti preistorici.

L’obbiettivo della campagna archeologica fu pienamente raggiunto con la scoperta di uno degli insediamenti più importanti della preistoria egiziana, Merimda Beni Salama.

Merimda si trova a 50 km a nord ovest del Cairo ed il suo deposito archeologico si estende per oltre 180.000 m² , tanto da far pensare che l’insediamento fu abitato per un lungo lasso di tempo.

Hermann Junker, professore all’Univerisità di Vienna e direttore della missione archeologica , studiando i livelli sovrapposti del deposito archeologico riuscì a distinguere tre fasi diverse della vita del sito di Merimda.

Furono trovati oggetti di ceramica e pietra ma la scoperta più importane fu il ritrovamento di numerose abitazioni con pianta ovale consistenti in piccole capanne con pareti costruite in fango e tetto di canne. Confermano l’attività agricola della popolazione del sito il ritrovamento di numerosi cesti e grandi giare incassati nel terreno che fungevano da granai. Furono anche identificati resti di resti di animali domestici come maiali, pecore, capre, cani, bovini ma anche coccodrilli, tartarughe, pesci, antilopi e ippopotami confermano che accanto allevamento, la popolazione di Merimda praticava anche la caccia e la pesca.

Furono scoperti numerosi reperti di ceramica classificati, dalla missione austriaca, in due grandi categorie, i vasi neri e quelli rossi suddivisi poi in ulteriori tipologie a seconda del trattamento della superficie del vasellame.

Tutti i vasi erano fatti a mano in argilla e gli elementi decorativi che abbellivano la loro superficie non dovevano essere frequenti visto che le incisioni compaiono solo su pochissimi frammenti.

L’insediamento restituì anche numerosi oggetti in pietra come teste di mazza, punte di freccia ed asce in selce e lame dentellate per falci. L’aspetto più curioso di questo scavo fu il ritrovamento di numerose sepolture prive di arredo funebre fatto che destò non poco sconcerto visto che gli egiziani dell’epoca faraonica avevano dedicato all’allestimento delle tombe una gran cura.

Queste sepolture contenevano solo la salma del defunto ed erano scavate in fosse poco profonde sistemate tra le abitazioni dell’insediamento. Vista la singolarità dei ritrovamenti funebri Junker ipotizzò che le offerte funerarie dell’agglomerato di Merimda venissero poste all’interno dell’abitazione del defunto che veniva sepolto vicino alla propria casa con il volto rivolto verso il focolare.

L’ipotesi di Junker fu più volte contestata dagli archeologi che negli anni successivi lavorarono agli scavi di Merimda, studi più recenti individuano una situazione stratigrafica del deposito più complessa di quanto non fosse stato reso noto dalla missione austriaca.

Sembra che fossero addirittura cinque gli stradi del deposito archeologico, il più antico dei quali testimonierebbe che Merimda, insediamento che avrebbe avuto tre diversi periodi culturali, fa parte delle più antiche culture neolitiche d’Egitto.


L’isola Elefantina:

Il Nilo incontra, lungo il percorso che compie dall’Africa centrale al Mediterraneo, regioni ricche di rocce in particolare ad Aswan dove si trova numerosa la presenza di granito che fu molto sfruttato dagli antichi egiziani per costruire monumenti.

L’isola elefantina è tra le più grandi presenti nella prima cataratta del Nilo e sicuramente può essere considerata l’ultima località egiziana per chi viaggia lungo il fiume verso sud.

L’isola ha una forma allungata ed è costituita nella parte meridionale da un grande sperone di roccia granitica che scende sul fiume, in questo punto l’acqua nel corso degli anni ha accumulato molti detriti aumentando così le dimensioni dell’isola stessa.

L’isola era dedicata al culto del dio Khum responsabile di tenere in mano le sorti dell’Egitto perché, secondo la religione egiziana, esso avrebbe aperto e chiuso le caverne dalle quali sarebbero uscite annualmente le acque del Nilo durante le inondazioni.

Alcuni resti archeologici la rendono un posto unico in Egitto in particolare un edificio consacrato al dio Khum che era collegato al nilometro, una scala graduata incisa sulle rocce dell’isola che aveva lo scopo di controllare e misurare il livello delle acque del fiume.

Una missione tedesca e svizzera dal 1969 sta scavando nella zona archeologica del tempio di Khum trovando numerosi problemi nel lavoro di ricerca probabilmente perché le rovine si estendono su una superficie ridotta e quindi i resti si sono sovrapposti in senso verticale durante il trascorrere degli anni.

Alcune sepolture databili al periodo di Naqada III confermano che l’isola fu il centro di un insediamento predinastico e sembra che la necropoli fosse situata su un rialzo roccioso che per gran parte dell’anno era diviso dal resto dell’isola da un tratto del fiume Nilo.

Studiando le culture preistoriche egiziane è evidente che la maggior parte degli insediamenti fossero situati nella fascia desertica in prossimità di alcuni wadi, ecco perché stupisce come sull’isola elefantina si sia trovato questo tipo di villaggio.

Secondo gli studiosi la spiegazione sarebbe quella che l’insediamento preistorico dell’isola avrebbe avuto un’importate funzione strategica dovuta alle caratteristiche del territorio ricco di rocce granitiche ed isolette più o meno grandi che rallentavano naturalmente la navigazione e così favorivano il controllo del traffico navale sul Nilo.

L’evoluzione dei resti archeologici documentano come sull’ isola elefantina ci fu la fine della cultura preistorica ed il timido inizio della prima organizzazione statale d’Egitto.


L’Oasi del Fayoum:

Il fayoum è una depressione posta nella parte orientale del deserto del Sahara, si trova a ovest della Valle del Nilo ed a 100 km circa a sud ovest del Cairo.

Il Fayoum è collegato al Nilo infatti nei pressi di Asyut, dalla riva sinistra del fiume, si stacca un ramo secondario , il Bahr Yusuf, che dopo aver percorso 400 km circa si piega verso ovest ed entra nell’oasi del fayoum attraverso un passaggio chiamato corridoio di Hawara.

La depressione dell’oasi è profonda , nel suo punto più basso, circa 50 mt sotto il livello del mare così le acque del Bahr Yusuf non potendo defluire formano il lago Qarun che purtroppo oggi è ormai ridotto ad una bassa distesa di acqua salmastra.

Cacciatori e pescatori sono stati i primi abitanti dell’oasi come confermano alcuni resti di attrezzature in pietra mentre tra il 10000 ed il 5000 a .C. le popolazioni diventano sedentarie e cercano di costruire riserve alimentari dedicandosi all’allevamento e all’agricoltura.

Nel 1924 due studiose inglesi, Gertrude Caton-Thompson e Elinor Gardner, si dedicano allo studio delle spiagge ricche di fossili che circondavano il lago Qarun e dimostravano come le sue acque si fossero progressivamente prosciugate nel corso dei millenni.

Le due studiose si spinsero fino a nord del lago individuando due zone archeologiche ben distinte che chiamarono Fayoum A e Fayoum B.

Dallo studio dei reperti e degli strati archeologici del Fayoum A sembra che questa fosse la zona più antica tra le due, qui furono scoperti numerosi oggetti in selce come le asce e questi reperti collocano la zona tra le culture neolitiche.

In questo scavo furono scoperte punte di freccia in selce e molte lame con un lato dentellato che facevano parte di alcune falci, questo elemento fu ritenuto importante per dimostrare che il Fayoum A non era abitato da cacciatori ma da agricoltori.

Ad avvalorare questa tesi fu anche il ritrovamento di numerose fosse rivestite internamente da stuoie e contenenti recipienti di terracotta o legno e ceste contenenti residui di cereali, questi ripostigli furono classificati come antenati dei moderni granai e ne furono trovati ben 67 nella parte più alta del Fayoum A e 109 in quella più bassa.

Nella zona A furono anche scoperte ciotole ed utensili vari, conchiglie utilizzate come cucchiai, resti di stoffa in lino e ceramica di argilla grossolanamente modellata.

Diversa la situazione del fayoum B che dallo studio dei suoi reperti evidenziava la totale assenza di ripostigli/granai e la mancanza di ceramica, sembrava infatti più in accampamento temporaneo di cacciatori.

Le teorie delle due studiose inglesi furono aspramente criticate da altri archeologi come Petrie, K.S.Sandford e O.H.Little ma lo scoppio della guerra nel 1939 interruppe le polemiche e gli scavi che ripresero solo nel 1968 portarono alla conclusione che il Fayoum non aveva un unico lago ma erano esistiti almeno quattro diversi laghi che si erano progressivamente prosciugati.

Questi studi portarono anche alla classificazione del Fayoum B come facente parte alla cultura tardo paleolitica e il Fayoum A tra quelle neolitiche ed entrambe le zone archeologiche testimoniano come l’uomo si fosse adattato progressivamente all’oasi egiziana sfruttando le risorse locali legate soprattutto alle attività stagionali sulle rive del lago.

Recenti esami al radio carbonio daterebbero i reperti del Fayoum A alla fine del V o all’inizio del IV millennio a.C.

Articolo a cura di Silvia B.