Il nuovo regno (1580-1085 CA. A.C.)

Nuovo Regno Con l'unificazione del paese e la fondazione della XVIII dinastia da parte di Amosi I ebbe inizio il Nuovo Regno (1580-1085 a.C.), forse il periodo più fiorente della storia egiziana. Amosi ristabilì i confini e le strutture di governo del Medio Regno, riprendendone anche il programma di bonifiche, e seppe mantenere la propria autorità sui governatori locali grazie al controllo dell'esercito.

La capitale fu spostata ancora una volta a Tebe, città di cui era originaria la XVII dinastia e dove aveva sede il culto del dio Ammone, destinato a diventare, durante il Nuovo Regno, il più importante di tutto l'Egitto. Un elemento di novità del Nuovo Regno fu l'importanza acquisita dalle donne, illustrata dagli alti titoli e dalle posizioni riconosciute alle mogli e alle madri dei sovrani. Ad Amosi succedette il figlio Amenofi I (1551-1524 a.C.), che estese i confini dell'Egitto in Nubia e in Palestina e iniziò i lavori delle grandi costruzioni di Karnak; diversamente dai suoi predecessori che avevano utilizzato le piramidi come monumenti sepolcrali, egli si fece seppellire in una tomba a camera scavata nelle pareti rocciose di una valle vicino a Tebe (detta poi Valle dei Re). Dopo di lui, anche i suoi successori seguirono questa consuetudine e la tipologia della piramide venne definitivamente abbandonata.

A Tutmosi I, che restaurò il culto del dio Ammone, succedette il figlio, Tutmosi II; il nuovo re riuscì a mantenere le conquiste dei suoi predecessori, che si erano spinti fino all'Eufrate. Tutmosi II non aveva figli legittimi, così quando morì nel 1504 a.C. i potenti sacerdoti di Ammone riconobbero come suo erede Tutmosi III, suo figlio naturale. Essendo questi ancora bambino, governò in qualità di reggente Hatshepsut, moglie di Tutmosi II, che mantenne il governo per più di vent'anni, grazie anche all'appoggio del clero tebano; durante il suo regno si intensificarono gli scambi commerciali, mentre venne sospesa la politica espansionistica dei predecessori. Hatshepsut morì nel 1483 a.C.; dopo la sua scomparsa fu considerata un'usurpatrice e la sua memoria fu infangata.

Salì allora al trono Tutmosi III, il quale dapprima riconquistò la Siria e la Palestina, che nel frattempo si erano rese indipendenti, e in seguito condusse una serie di spedizioni militari (narrate negli annali del suo regno, ritrovati nel tempio di Karnak), nel tentativo di espandere i confini dello stato e di affermare l'egemonia egiziana in Oriente. La più importante delle sue diciassette campagne in Asia fu l'ottava: il faraone sbarcò in Fenicia e, attraverso la Siria, giunse al fiume Eufrate, che superò utilizzando delle imbarcazioni che aveva trasportato attraverso il deserto. Dichiarata guerra al regno di Mitanni, lo conquistò; la sua vittoria ebbe così grande risonanza che i babilonesi, gli assiri e gli ittiti, che pur non si erano scontrati con il suo esercito, accettarono di versargli un tributo.

Il territorio dell'Egitto faraonico, che arrivò a sud fino alla quarta cataratta del Nilo, non era stato mai così esteso. Amenofi II, che regnò dal 1453 al 1419 a.C., e Tutmosi IV cercarono di conservare le conquiste del loro predecessore, nonostante la crescente minaccia costituita dagli ittiti e dallo stato di Mitanni. Infatti nel Vicino Oriente la situazione politica, a causa del sorgere dei nuovi imperi, si faceva più difficile per i dominatori egizi; ne sono prova tra l’altro l'intensificarsi delle relazioni diplomatiche e il matrimonio fra Tutmosi IV e la figlia del re di Mitanni. Anche Amenofi III, figlio di Tutmosi IV, sposò la sorella del re di Babilonia; il faraone regnò pacificamente per quasi quattro decadi (1413-1371 ca. a.C.). Sotto il suo governo l'arte e l'architettura conobbero una nuova fioritura (tra l’altro, fu costruito il grande tempio di Ammone a Luxor) e le relazioni con i regni vicini si mantennero stabili.

Il figlio ed erede, Amenofi IV (1372-1354 ca. a.C.) è ricordato soprattutto per la riforma religiosa, volta a contrastare il potere dei sacerdoti di Ammone. Fin dalle origini della dinastia il clero tebano aveva avuto un'importanza eccessiva, spesso condizionando l'operato dei faraoni. Amenofi IV compì dunque un gesto rivoluzionario: abolì il culto di Ammone, ne chiuse i templi e ne disperse i sacerdoti. Impose quindi un nuovo culto monoteistico, quello di Aton, il dio del sole, e cambiò anche il suo nome in Akhenaton ("colui che è gradito ad Aton"). Abbandonò infine Tebe per una nuova capitale, Akhetaton (oggi Tell el-Amarna), costruita lungo il Nilo 300 km a nord di Tebe, in onore di Aton. Il culto del nuovo dio presentava caratteristiche più democratiche, in quanto presupponeva un maggiore egualitarismo fra gli uomini e si basava su testi sacri meno incomprensibili dei precedenti. Anche il comportamento del faraone e della moglie Nefertiti, che appoggiò la riforma religiosa, fu diverso: i sovrani si fecero raffigurare in atteggiamenti informali e quotidiani, e nell'arte egiziana si introdusse una tendenza realistica, talora anche esasperata, indice del fatto che il faraone voleva anche in questo ambito rompere con la tradizione precedente. La situazione si andava tuttavia complicando per Akhenaton: infatti gli ittiti, approfittando delle difficoltà interne causate da una rivolta suscitata dal clero di Tebe, fomentarono un’insurrezione dei vassalli siro-palestinesi. La Siria si ribellò, gli amorrei conquistarono i porti fenici precedentemente occupati dagli egiziani e il regno di Mitanni fu sottomesso dagli ittiti e dagli assiri.

La riforma religiosa di Akhenaton terminò con il suo regno; gli succedette il giovane genero Tutankhamon, che riportò la capitale a Tebe e abbandonò il culto del dio Aton, restaurando quello di Ammone. Del regno di Tutankhamon non si sa quasi nulla; il faraone è noto soprattutto per lo splendido corredo funerario ritrovato nella sua tomba dai due archeologi britannici Howard Carter e George Carnarvon nel 1922. Al fondatore della XIX dinastia, Ramesse I (che regnò dal 1293 al 1291 a.C.), succedette il figlio Seti I (1291-1279 a.C.), che condusse campagne militari contro la Siria, la Palestina, la Libia e gli ittiti. Fece costruire un santuario ad Abido, e – come suo padre – scelse quale capitale Pi-Ramesse (odierna Qantir).

Gli succedette Ramesse II, uno dei suoi figli, che regnò per quasi 67 anni: a lui si deve la costruzione e l'ampliamento di gran parte dei monumenti di Luxor e di Karnak, dei templi di Abu Simbel e dei santuari di Abido e di Menfi. Ramesse II affrontò gli ittiti nella battaglia di Qadesh (in Siria, sul fiume Oronte) nei primissimi anni del XIII secolo a.C., che però si risolse senza vincitori; dopo una ventina d'anni, egli concluse con Khattushili III, re degli ittiti, un trattato di pace (il più antico di cui ci sia giunto il testo, sia nella versione egiziana sia in quella ittita) che prevedeva anche un reciproco aiuto in caso di aggressione esterna. Il pericolo era infatti rappresentato dagli assiri, che divenivano sempre più potenti e governavano un impero che si estendeva fino all'Eufrate. Il figlio di Ramesse, Merneptah (che regnò dal 1233 al 1223 ca. a.C.), sconfisse i cosiddetti popoli del mare, gli invasori provenienti dall'Egeo che dilagarono nel Medio Oriente nel XIII secolo a.C.; è probabile che proprio sotto il suo regno sia avvenuto l'esodo degli ebrei dall'Egitto e che Mosè sia vissuto alla corte di Ramesse II.

I faraoni che succedettero dovettero affrontare le insurrezioni da parte degli ormai numerosi popoli assoggettati. Il secondo sovrano della XX dinastia, Ramesse III, riuscì a respingere la seconda incursione dei "popoli del mare" che si erano alleati con i libici: fece poi rappresentare le proprie vittorie militari sulle pareti del complesso funerario edificato a Medinet Habu, vicino a Luxor. Dopo la sua morte, l'Egitto conobbe un periodo di decadenza, dovuta principalmente al concentrarsi del potere nelle mani dei sacerdoti di Ammone, dei capi dell'esercito (che si arrogavano sempre più privilegi) e dei più importanti burocrati.